5. Scheggia

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Finii di sistemare la bretella lente e mi issai il borsone da nuoto sulla spalla, i capelli umidi si incastrarono sotto di essa.

«Il tuo è lo stile a squalo, nemmeno a delfino.»

Sollevai il capo, incuriosita.

«Dici a me?» la mia voce era un filo, lieve e timorosa.

«Oh no, scusami. Parlavo con il mio amico Lenny» il ragazzino accompagnò la frase battendo con la mano sulla sedia di plastica vuota accanto a lui. Un debole raggio di sole filtrò dalle vetrate della reception e gli accarezzò la cesta ribelle di capelli castano dorati.

«Oh...»

Non capivo se mi stesse prendendo in giro oppure se avessi frainteso le sue parole.

Mi strinsi il borsone addosso, era così grande da arrivarmi quasi alle ginocchia, ma era l'unico che papà aveva a casa.

«Vieni che te lo presento!» il ragazzo sorrise, con quel viso piccolo e ovale che aveva un colorito quasi biscottato; delle piccole fossette che si formavano ai lati della bocca.

«Chi?»

«Come chi? Lenny! Dai, vieni.» fece cenno di avvicinarmi.

Così feci qualche passo titubante nella saletta d'aspetto antistante la reception del centro sportivo dove facevo nuoto. Diverse persone andavano e venivano, nessuno si soffermava nel semicerchio di sedie blu antistante. Un carico e pungente odore di cloro si mescolava all'umidità che impregnava l'aria.

«Lui è Lenny» indicò la sedia vuota accanto a lui, sollevò il mento. «E' piuttosto timido, sai. Voleva conoscerti, mi ha detto poco prima.» gonfiò le guance, calò le palpebre e parlò con voce profonda ma gracchiante: «"Quella ragazzina fa lo stile squalo, altro che delfino".»

Mi strappò una risata che chinai il capo per nascondere, accartocciai il petto e strinsi le mani tra di loro.

«Capito? E quindi dovevo per forza conoscere quella che fa lo stile a squalo.»

Ridacchiai ancora, accogliendo il suo tono divertito e quegli occhi rilucenti.

«Non si chiama stile squalo» sogghignai e lui mi guardò tutt'occhi.

La ragazza alla reception ci lanciò uno sguardo curioso prima che una nuova coppia di clienti la distraesse.

«Certo!» si puntò il pollice al petto e incrociò le caviglie. «Lo ribattezzo io stile squalo: è troppo bello per non avere un nome tutto suo.»

«Bello?» domandai, chiedendomi se si riferisse al fatto che la mia cuffietta blu aveva uno squalo tutto denti disegnato sopra.

Forse ero grande abbastanza: avevo undici anni ormai. Avrei dovuto comprarne una più adatta.

Black Moon ~ Il peso della SperanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora