27. Promesse

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Smile when you're not afraid to die
But I'm afraid with each goodbye

Lapse - Black Math





Emily tamburellava con le dita sul tessuto sbiadito dei jeans a sigaretta, l'indice come la bacchetta del maestro d'orchestra scandiva il tempo a suon di ansia e agitazione

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Emily tamburellava con le dita sul tessuto sbiadito dei jeans a sigaretta, l'indice come la bacchetta del maestro d'orchestra scandiva il tempo a suon di ansia e agitazione.

Ivan spostava lo sguardo fuori dal finestrino del taxi per poi puntarlo sullo specchietto retrovisore incontrando il mio, adombrato dall'arrivo della sera, sul sedile posteriore della vettura. Tentava di sorridere, vedevo le fossette accennarsi appena in una piega morbida che svaniva subito.

Il nostro piano era pronto. Ogni tassello doveva incastrarsi nel modo giusto se volevamo avere una possibilità.

La musica del taxi era così alta da infestarmi anche i pensieri più reconditi; la smania mi impediva di rimanere immobile sulla seduta di pelle. Continuavo ad accavallare e sbrogliare le gambe in una danza irrefrenata.

«Mi sento male...» biascicò Emily.

Mi voltai a osservarla; teneva la fronte premuta contro il vetro dal lato opposto di dove sedevo io.

«Devo fermarmi signorina?» Intervenne la voce preoccupata dell'autista di Uber.

L'auto decelerò sull'asfalto. Il cartello del passenger pick up si avvicinò, scritta bianca evidenziata di verde su sfondo blu. La intravidi illuminata dai lampioni adiacenti e i fari accesi del taxi.

C'eravamo quasi.

Osservai Emily e lei mi annuì.

Un attimo sospeso. Un istante ancora...

«

La macchina accostò al bordo del marciapiede, dietro un bus enorme, nella sezione pick up. La bionda spalancò lo sportello e caracollò fuori. Sia io che Ivan facemmo lo stesso, spalancando le portiere.

Accorremmo da lei e la sorreggemmo mentre si piegava sulle ginocchia e si teneva le mani premute sullo stomaco. Le passai una mano sulle lombari, massaggiando in modo delicato, o almeno così doveva apparire ai passanti che ci osservavano; passeggeri curiosi in procinto di entrare nell'aeroporto alle nostre spalle.

Emily sembra stare davvero male. Sembrava. Era un'ottima attrice. Lo pensai per la terza volta nelle ultime ventiquattro ore.

«Non c'è nessuno, va tutto come previsto» sussurrò Ivan.

Il lampione accanto a noi gettava ombre scure e deformi sull'asfalto ai nostri piedi.

«Quanto abbiamo?» rantolai.

Ivan allungò una mano come a voler sorreggere il gomito di Emily, ruotando però il braccio e dandoci cosí modo di vedere il quadrante rotondo dell'orologio che portava al polso.

Black Moon ~ Il peso della SperanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora