AZIONE/DARK ROMANCE
SECONDO CAPITOLO DI BLACK MOON.
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Ancora una volta, un po' di più, dove il fondo non c'è!
Non c'è fine a quello che la speranza si aggrappa se gliene dai modo.
Soprattutto se ti chiami Nicholas e hai l'animo nero come le tenebre...
But I saw you there Too much to bear You were my life But life is far away from fair
No Time To Die - Entropy Zero
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Londra si srotolava dietro i vetri oscuranti dell'auto. I polsi dolevano da quanto era stato stretto il laccio con cui me li avevano tenuti legati fino a poco prima. Ma era una sofferenza opaca e distante, era un pizzicore silente che mi aiutava a rimanere presente. Così come quello alle costole, alla spalla destra e dentro il petto.
Ero ricolma di ammaccature fisiche che mi distraevano dalle lacerazioni interiori.
Nicholas...
La sua bocca screpolata che si depositava su pelle che non era la mia.
Non riuscivo...
Le fossette di Ivan mi promettevano salvezza, il desiderio finale di chi si appresta a sacrificarsi.
Non potevo...
I capelli le danzavano intorno alle spalle, leggiadri, delicati, così come quel timido calore che i suoi occhi sottobosco trasmettevano, ricolmo di vergogna e parole non dette, ormai disperse nelle strade errate che ci avevano separate.
Mamma...
Profumo legnoso, barba rossastra, naso contro naso. «Tu non sei sbagliata, vai bene così come sei.»
Papà...
Occhi nocciola che pretendevano da me ciò che io non sapevo dar loro, parole affettate; sorriso candido, note che mi abbracciavano il cuore. Alice, Emily...
Non riuscivo...
Il mondo era un gorgo, io una scialuppa, le acque mi sommergevano. Non respiravo. Mi tirava giù, ero impotente. Aria. Non avevo appigli, non avevo scampo. Nessun corpo, nessun polmone. Aria.
Annaspavo.
Avevo bisogno di ossigeno, di gonfiarmi di vita... ma non mi sentivo. Dove sono i polmoni, dove sono...
Io...
...ci sono?
«Ehi!»
Un dolore lacerante alla gota mi stordì, gettandomi il volto di lato. Sollevai il mento, confusa; il pulsare gravoso del sangue che si addensava nel lato della faccia colpita. Un saporaccio mi irrorò le papille gustative.
«Respira?» indagò qualcuno dal sedile anteriore della vettura.
L'uomo accanto a me aveva la barba ispida color cenere e due occhi incavati che mi scrutavano con insistenza.
«Sì.» I tratti duri, separò le labbra, lo sdegno ad arricciargli il labbro superiore. «Non ci riprovare.»
Mi massaggiai la mandibola pulsante, la pelle era bollente dove doveva avermi dato il ceffone.