VENTICINQUE

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-Baker-

La voce dell'uomo si diffuse come un'onda vibrante per tutta la stanza, facendo sussultare Abel. Forse perché si trovava troppo vicino al microfono del telefono di Reik, oppure perché si sentiva – appena un po' – in colpa per quello che stavano per fare. O forse era tutta colpa dello shock a seguito dell'esperienza traumatica che aveva subito e che, a differenza di ciò che aveva sostenuto poco prima, in realtà non si era ancora esaurito. Fatto sta che la voce dell'ispettore lo mise in allerta, gli suscitò il desiderio improvviso di scappare via da lì il prima possibile.

-Non abbiamo tempo per i sensi di colpa- sussurrò Magda.

-Wagner? Chi parla?- chiese Baker e la sua voce parve farsi allarmata.

Reik si schiarì la gola e gli rispose. -Sì, amico, sono io- disse e Abel notò la sua espressione farsi cupa. -Non sto molto bene...- stava dicendo il suo amante, ma lui smise di ascoltarlo.

Le sue orecchie parvero chiudersi ai suoni e il naso smise di percepire gli odori che lo circondavano. Gli occhi non furono più in grado di captare immagini e tutto divenne bianco, accecante. Forse aveva urlato o forse la sua voce era stata prosciugata, privandolo della possibilità di chiedere aiuto. Gli sembrò che miliardi di insetti si muovessero sotto pelle, restituendogli un formicolio tale e così fastidioso, spaventoso, da suscitargli un'improvvisa nausea. Iniziò a grattarsi dappertutto mentre anche la sua coscienza pareva scindersi dal suo corpo, allontanandosi e permettendogli di guardarsi da fuori.

E stava seduto sul divano, al fianco di Reik, immobile, con lo sguardo perso nel vuoto.

Poi tutto si fece buio e Abel ebbe come l'impressione di venire risucchiato verso il basso, inghiottito dall'oscurità.

Si guardò intorno con sgomento.

Dove cazzo sono.

Al sicuro, tesoro.

Abel sussultò.
Stava sognando ad occhi aperti?
Era svenuto?
Stava vivendo un incubo?

Nessun incubo. Ricordi quando ti parlavo della Connessione del Sangue?

Scrollò la testa e strinse con forza i capelli tra le mani, come a volerli strappare, come a voler strappare quella voce da dentro la testa.

Non è possibile. Io non ho il tuo stesso sangue.

Ci fu un attimo di silenzio denso, ed ebbe come l'impressione che qualcuno stesse trattenendo il fiato.

Stai comunicando con me.

Non è possibile.

Fai parte del Clan, è ovvio che sia possibile.

No, non lo è. Non sono un lupo e non ho il tuo stesso sangue.

Di nuovo quello strano silenzio.

Mamma?

Domandò titubante e l'aria intorno a lui parve crepitare. Il buio si dissolse e si trovò d'improvviso in mezzo a un campo rigoglioso, che si estendeva fino ai piedi del Monte Galgenberg. Fiorellini e fili sottili di erba gli solleticavano la pelle nuda delle gambe. Si portò una mano al petto, scoprendo di indossare ancora il maglione di Reik. C'era un immeso sole che illuminava tutto intorno a loro... a loro. Perché non era solo.

Abel si morse un labbro. Davanti a lui si trovava una donna bassa e minuta, dai lunghi capelli bianchi, mossi dal vento, e gli occhi rossi. Non che dalla distanza che intercorreva tra di loro potesse vederle il colore degli occhi, ma la conosceva bene.
Troppo bene.
Dolorosamente bene.

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