QUARANTUNO

425 69 53
                                    

Telsa gridò e Abel si sentì tirare verso il basso, mentre due uomini la stavano trascinando di peso verso uno dei roghi – proprio in quell'istante si accorse di quanto si trovassero pericolosamente vicini al fuoco. 

Tentò di alzarsi, di afferrarla per le mani, mentre le urla della ragazza si confondevano al frastuono che li circondava.

Aveva la testa piena dell'immagine di Reik che rovinava al suolo e gli occhi pieni del volto disperato di Telsa e le orecchie piene di troppi suoni. Non sapeva cosa fare, dove andare, a chi dare priorità e i suoi gesti ne risentirono, tanto che gli parve di aver iniziato a muoversi al rallentatore.

Saul comparve al suo fianco proprio in quel preciso istante, aggredì uno dei due che stavano trascinando Telsa verso le fiamme e la ragazza si girò sulla schiena e colpì con un calcio il viso dell'altro. Balzò in piedi e atterrò su quattro zampe, ringhiando in direzione di altri che si erano mossi verso di loro, facendo da scudo ad Abel con il suo corpo.

-Non volevo tutto questo- disse Saul e anche in quell'istante, girandosi brevemente a guardare il suo viso, così vicino al proprio, Abel si trovò talmente indeciso su quello che avrebbe dovuto dire e fare che rimase fermo.

Serrò le labbra e lo spinse lontano da sé, alzandosi da terra. Una seconda sequela di spari lo fece trasalire e si accorse solo in seguito di essere stato abbracciato da suo padre. Tentò di districarsi dalla sua presa, mentre Saul si muoveva ancora più al rallentatore di lui e notò solo in quell'istante delle diverse ferite che avevano macchiato di sangue i suoi vestiti.

Saul cadde sulle ginocchia e Abel si precipitò verso di lui, ignorando tutto il resto. Si tolse il maglione, premendo con forza sulla ferita al centro delle sue spalle. Non sapeva se si era beccato quel proiettile per difendere lui e il solo pensiero gli procurò una fitta dolorosa al cuore. Non aveva tempo per farsi sopraffare persino dal senso di colpa, ma si sentiva sempre più spaesato e confuso, in balia di emozioni sempre più devastanti.

Non capiva per quale motivo non si stesse trasformando, perché molti di quelli del Clan stessero combattendo in forma umana.

Era un modo – forse inconscio – per dimostrare ai becchini che anche loro erano umani?

Che erano proprio come loro, persone, contro cui stavano riversando – da troppi anni – odio e violenza inaudite?

-Sei stato un idiota- mormorò, rendendosi conto solo in quell'istante delle lacrime che gli annebbiavano la vista.

Si terse il viso con un braccio, asciugandosi malamente con il tessuto sottile della T-shirt che aveva indossato sotto il maglione. Il maglione era ormai diventato una cosa informe, aveva persino cambiato colore, passando da un tenue crema a un acceso rosso, lordo anche di polvere e fuliggine.

Saul annuì e sorrise. -Sto bene-

-Ti odio-

-Lo so. E mi dispiace-

-Bugiardo. È sempre stato quello che volevi! Volevi questo. La guerra!-

-Volevo solo che ci lasciassero in pace-

-A che prezzo?- tuonò Abel e lasciò cadere il maglione, alzandosi da terra.

Intorno a sé il caos stava assumendo forme sempre più desolanti. C'erano troppi corpi a terra, troppo fuoco, troppo fumo. Gli bruciavano gli occhi e il petto e si portò una mano all'altezza del cuore, cercando di individuare Reik.
Non lo trovò neppure nel punto in cui lo aveva visto cadere e il panico gli mozzò il respiro in gola. Si mosse in quella direzione, quando si accorse che il portale d'ingresso alla struttura si staccava dai cardini. Ci fu un fuggi fuggi generale, altre urla, mentre la pesante porta in legno veniva giù. Da lì e dalle torrette, dalla cinta muraria, iniziarono a comparire creature di ogni tipo. Non erano solo lupi e alcune sembravano appena strisciate fuori dai peggiori incubi. Comprese che erano appena arrivati i rinforzi e a capitanarli c'era Magda.

ARABESQUE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora