i. 𝗮 𝘁𝗲, 𝗳𝗿𝗮 𝗱𝘂𝗲𝗺𝗶𝗹𝗮 𝗮𝗻𝗻𝗶

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ᵃⁿⁿᵒ ⁸⁴⁵⁻ᵈⁱˢᵗʳᵉᵗᵗᵒ ᵈⁱ ˢʰⁱᵍᵃⁿˢʰⁱⁿᵃ

𝗠𝗘 𝗟𝗘 𝗥𝗜𝗖𝗢𝗥𝗗𝗢 ancora le grida di terrore di quel giorno, anzi, mi ricordo tutto alla perfezione

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𝗠𝗘 𝗟𝗘 𝗥𝗜𝗖𝗢𝗥𝗗𝗢 ancora le grida di terrore di quel giorno, anzi, mi ricordo tutto alla perfezione. Avevo dieci anni, e una sola certezza davanti a me: sarei entrata nel Corpo di Ricerca ad ogni costo.
Quella mattina era una mattina normale, una solita mattina noiosa a Shiganshina, uno dei distretti esterni del Wall Maria, l'ultima cinta muraria che ci proteggeva da Quelli. Gli abitanti di Shiganshina e di tutti i distretti marginali venivano pagati con delle ingenti somme di denaro, per il rischio che vivevano ogni giorno.
C'erano tre cinte murarie: il Wall Maria, il più esterno; il Wall Rose, la cinta muraria di mezzo; il Wall Sina, la cinta muraria dove risiedeva il Re. Gli abitanti del Wall Maria erano i più poveri, mentre andando verso l'intero la qualità di vita aumentava, infatti nel Wall Sina vivevano oltre alla Famiglia Reale, anche i più alti funzionari e le famiglie aristocratiche.

Era una giornata perfetta: il sole alto, il cielo azzurro, la temperatura tiepida. Mi svegliai con la risata rumorosa di mia sorella, che stava scherzando con una sua amica affacciata alla finestra. Mi rigirai nel letto buttandomi sulla testa il morbido e grande cuscino per annullare luci e rumori. Il vento soffiava leggero e fresco, e contribuì a svegliarmi.
«Kreta, taci...» mormorai soffocando la voce nel cuscino. In risposta mia sorella rise forte, e ignorò la mia richiesta.
Non mi restava altro che alzarmi, e andare a fare una passeggiata mattutina per il mercato, ma cosa più importante, attendere l'arrivo del Corpo di Ricerca dall'ultima spedizione.

Poggiai i piedi nudi sul pavimento di legno, e guardai assonnata la camera che condividevo con mia sorella. Era molto grande, e per questo stavamo pensando di alzare un muro per dividere la camera in due. Io stavo diventando grande, e volevo i miei spazi, mentre Kreta essendo più piccola di me seguiva le mie orme in automatico.
C'erano due finestre, ognuna vicino ai nostri letti. La mia aveva un balcone che si affacciava su una piccola stradina dietro casa, ed era illuminata dal sole la mattina. Quella di mia sorella, invece, dava sulla scalinata che dal corso principale portava in cima alla collina. La finestra di Kreta era posizionata a più di un metro e mezzo da terra, e per lei e le sue amiche era l'altezza perfetta per chiacchierare comodamente la mattina o la sera. Essendo dalla parte opposta alla mia della stanza, era illuminata la sera, al crepuscolo.
I nostri letti erano entrambi a una singola piazza, ma erano comodi e morbidi al punto giusto. Quello di mia sorella era sotto la finestra, e il mio era vicino alla porta. La testata del mio letto aveva un disegno floreale di gigli e rose, ma mia sorella si era rifiutata di avere decorazioni o ghirigori, perché li considerava superflui. Lei stava vivendo la sua fase in cui rifiutava tutto ciò che fosse vagamente femminile.
Avevamo due armadi in legno chiaro, dove riponevamo tutti i nostri indumenti.
Due scrivanie di legno stavano ai lati opposti della stanza, una per me e una per Kreeta. In teoria l'avremmo dovute usare per fare i compiti; in pratica, erano diventate due librerie che servivano per appoggiare quaderni, libri di testo, ecc... Perché i compiti li facevamo nel tavolo della sala, di sotto.

𝗹𝗲 𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀ - [ m. bodt ; j. kirschtein ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora