iv. 𝟭𝟬𝟰° 𝗰𝗼𝗿𝗽𝗼 𝗱𝗶 𝗮𝗱𝗱𝗲𝘀𝘁𝗿𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗿𝗲𝗰𝗹𝘂𝘁𝗲

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𝗟'𝗜𝗦𝗧𝗥𝗨𝗧𝗧𝗢𝗥𝗘 Sadies fu molto rigido nei confronti di Sasha

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𝗟'𝗜𝗦𝗧𝗥𝗨𝗧𝗧𝗢𝗥𝗘 Sadies fu molto rigido nei confronti di Sasha. Le ordinò di correre fino a dopo il tramonto, senza fermarsi mai.
Finite le presentazioni, le diedi una pacca sulla spalla di incoraggiamento. «Dai Sasha... Ti lascerò una parte di cena per dopo, ok?»
Per Sasha non era un problema la corsa, ma la cena sì. Si sentì peggio quando Sadies le disse di saltare un pasto. Si mise a piangere in ginocchio, pregando l'istruttore e strillando: «No! La cena no! Non può farmi questo! Sono disposta a correre fino a domani mattina, ma mi lasci cenare! La prego!» Afferrò la giacca di Sadies, ma lui rimase impassibile.
«Questo» disse «è solo l'inizio, carni da macello.» e a passo svelto se ne andò, seguito dai suoi sottoposti.
Porsi un fazzoletto di cotone che tenevo dentro la manica a Sasha, e ci si soffiò rumorosamente il naso.
«Gra-grazie Liz...» singhiozzò. «Se c'è la carne stasera, lasciamene una fetta. Anche se diventerà fredda.»
Sorrisi. «Lo farò Sasha, non ti preoccupare.»
E quello è stato il momento in cui io e Sasha diventammo amiche.

Quando il sole iniziava ad abbassarsi ci venne dato il permesso di tornare nei dormitori. Quel giorno ci avrebbero lasciati in pace, siccome era il primo che passavamo lì.
Corsi dietro Mikasa che si era già avviata verso il piano superiore. «Ehi, Mikasa! Come ti è sembrato oggi?» le domandai mentre salivamo le scale.
Mi guardò con la coda dell'occhio e inarcò le labbra verso il basso. «Non male. Ma sarà sempre peggio: Sadies l'ha detto, e lui è un uomo di parola. Più che altro, non ci hai mai parlato di questa storia di tuo p-» Mikasa venne interrotta da Armin ed Eren, che ci fermarono di colpo quando eravamo già al piano di sopra.
Eren mi prese per un braccio per fermarmi. «Ehi! Tu! Non mi hai mai detto niente di tuo padre! Pensavo fossimo amici!» Il suo tono non era arrabbiato, ma deluso.
Mi afferrai il colletto della camicia e feci per allontanarlo dalla gola, perché d'un tratto lo sentii incredibilmente stretto. Cercai di trovare le parole giuste per spiegare la situazione. «Beh... Io... Io ne so quanto voi ragazzi, davvero. Papà mi ha sempre raccontato che aveva odiato così tanto l'addestramento fino a non eseguire la scelta al Giorno del Diploma, e a chiedere le dimissioni appena finito il Corso.» spiegai.
E fino a quel giorno era sempre stato così. Arnold Yuriba mi aveva sempre detto che la guerra, i giganti, la lotta, non erano mai state le sue passioni. C'era di meglio nella vita, tipo la musica e la famiglia.
Armin tentò di calmare Eren. «Dai Eren, non vedi che non ne sa nulla? Stai tranquilla Liz. Non ti stiamo andando contro. Solo che siamo sorpresi. Tutto qui.» mormorò abbassando lo sguardo, come se fosse stato lui ad aggredirmi.
Scossi la testa. «Che casino... Io... Forse è meglio scrivere una lettera a papà.» proposi più a me stessa che agli altri.
«Già, forse è meglio.» disse Armin per supportarmi. «Se vorrai, potrai dirci cosa ti risponde.»

Eravamo in mezzo al corridoio che portava ai dormitori, ed eravamo d'intralcio per tutti. Qualcuno non resistette a farcelo notare in maniera gentile.
Jean mi spintonò con una spallata, e mi fece barcollare all'indietro. Afferrai la mano di Armin, ma lui non la strinse abbastanza. Avevamo entrambi le mani sudaticce, infatti caddi a terra dando un colpo dolorosissimo con il sedere.
Jean sogghignò subdolamente. «Ops, scusa... Non ti avevo vista, Trecciolina!» Alzò le spalle, buttò la testa indietro, e scoppiò a ridere di gusto.
Mi sentii la faccia ribollire dalla vergogna. Mi risollevai indolenzita, tenendomi la schiena.
«Ma sei impazzito?» gli chiesi furibonda. «Potevi spaccarmi la schiena!»
Jean non rispose, ma continuò a ridere.
Eren era pronto all'attacco, caricando un pugno, ma Armin e Mikasa lo bloccarono in tempo.  «Ma che diavolo fai!?» urlò Eren arrabbiato.

𝗹𝗲 𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀ - [ m. bodt ; j. kirschtein ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora