prologo - 𝗹𝗮 𝗳𝗶𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝘂𝗺𝗮𝗻𝗶𝘁𝗮̀

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«𝗦𝗜𝗔𝗠𝗢 quasi arrivati

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«𝗦𝗜𝗔𝗠𝗢 quasi arrivati.» mormorai affacciandomi dal portellone d'ingresso. L'aria mite si insinuò tra i miei capelli raccolti in due lunghe trecce, e me li scompigliò.
Presi un bel respiro e mi riappoggiai alla parete, mentre cercavo di assicurare la lancia fulmine con le fibbie al braccio sinistro, non riuscendoci come al mio solito.
Sbottai nervosamente. «Che cazzo. Jean, aiutami con questa lancia fulmine di merda. Non riesco a sistemarla al braccio.»
Dentro il dirigibile c'era un odore che detestai dal primo istante in cui ci salii. Gomma bruciata, da dare il voltastomaco.
Guardai di nuovo fuori.
Jean si avvicinò a me pacatamente e mentre legava la fibbia della lancia al mio braccio mi disse: «Oggi vinceremo Liz, te lo prometto.» come per rassicurarmi.
Alzai la testa per guardarlo in faccia e gli mormorai: «Dobbiamo vincere. Dobbiamo farlo.»
Si inumidì le labbra, ma non rispose. Sapevo cosa volesse dirmi.
Sasha si sporse per vedere ciò che accadeva della città di Liberio. «Mikasa, ci siamo quasi. Eren si è appena trasformato.»
Mikasa Ackerman, la ragazza più forte che avessi mai conosciuto in tutta la mia vita, si preparò a calarsi.
«Capitano Levi.» lo chiamò «Mi dica lei quando andare.» La sua voce era ferma e ponderata come sempre, eppure in quella sua facciata, si nascondevano emozioni così complesse.
Il Capitano Levi con un cenno del capo diede l'ordine di uscire. Era un uomo tra i trenta e i quarant'anni, basso, sempre serio e ligio nel suo lavoro.
Anche lui era un Ackerman, e non a caso, anche lui era dotato di una straordinaria forza e potenza mai viste prima.
Mikasa saltò giù dal dirigibile e io la seguii. Lei avrebbe spalleggiato Eren, come sempre.

Grazie alla nuova tecnologia delle lance fulmine sarebbe stato più semplice impossessarci del Gigante Martello.
Eren si era da poco trasformato, aveva messo al termine il comizio di Willy Tybur nel più brutale dei modi, ma questa è la guerra. Indipendentemente da età, sesso, status sociale, si muore.
Alla fine era Lara Tybur la detentrice del Martello, a nostra sorpresa, e non suo fratello Willy.
Mentre Mikasa e Eren si trovavano nell'occhio del ciclone del campo d'azione, io ero stata assegnata alle retrovie. Dovevo fare in modo di colpire il nemico alle spalle ed eliminare i plotoni di Marley. Col tempo la mia mira era migliorata. Di certo non ero precisa come Sasha, ma me la cavavo piuttosto bene.
Sasha Blouse era una delle persone con cui avevo legato di più nel 104° Corpo di Addestramento, e anche durante i nostri giorni nel Corpo di Ricerca la nostra amicizia era diventata sempre più forte. Era una ragazza piena di vita, coraggiosa e con una forte passione per la carne. Avrebbe fatto di tutto pur di mangiarne una fetta.

«Quello è...» la mia esclamazione di sorpresa venne smorzata da un proiettile che stava per colpirmi.
Mi stavo muovendo ancora con il dispositivo di manovra tra i palazzi di Liberio.
Atterrai sul tetto di un edificio molto alto, e volsi lo sguardo verso il Gigante d'Attacco.
«...il Gigante Martello...» finii la mia frase, sbigottita.
L'aspetto del Gigante Martello era molto particolare.
«È l'indurimento.» Connie diede una conferma ai miei dubbi. «Non riusciremo mai a prenderlo.»
Digrignai i denti. «Se Eren lo colpisse dietro al collo con un pugno indurito, forse si spezzerebbe la corazza...» Mi tremò la voce. «Dobbiamo eliminarli tutti. Eren deve essere libero di agire.»

𝗹𝗲 𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀ - [ m. bodt ; j. kirschtein ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora