xiii. 𝗹𝗮 𝗰𝗶𝗻𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗮𝘀𝗲𝘁𝘁𝗲𝘀𝗶𝗺𝗮 𝘀𝗽𝗲𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲

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𝗤𝗨𝗔𝗡𝗗𝗢 ci ricongiungemmo con Eren alla base del Corpo di Ricerca era la sera del giorno stesso in cui ero stata a Ginae, e Mikasa gli fece mille domande appena lo vide

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𝗤𝗨𝗔𝗡𝗗𝗢 ci ricongiungemmo con Eren alla base del Corpo di Ricerca era la sera del giorno stesso in cui ero stata a Ginae, e Mikasa gli fece mille domande appena lo vide.
Era il crepuscolo, il cielo era aranciato, e le ombre si stendevano lunghe sullo stradello in pietra.
Non salutai Eren come avrei voluto, avevo voglia di abbracciarlo, eppure sentivo i piedi incollati a terra. Erano giorni che mi sentivo così incapace nei miei movimenti ero goffa, impacciata, distratta. Non trovavo la voglia di impegnarmi in nulla, volevo solo che la giornata finisse e arrivasse l'ora di andare a dormire, ma la notte era peggio.
Se non dormivo con qualcuno che fosse Jean, Sasha o Reiner non chiudevo occhio e piangevo. La mattina ero sempre esausta dal pianto della sera prima e non avevo le forze per fare nulla.

Appena Eren vide quanti eravamo gli si illuminò lo sguardo. «Ehi, ma è fantastico! Non credo ai miei occhi!» fece una pausa di riflessione. «Un momento... se siete tutti qui questo vuol dire che siete entrati nel Corpo di Ricerca...»
Alla fine, tutti i membri superstiti fra i primi dieci, tranne Annie, erano entrati nel Corpo di Ricerca, seguiti da Christa e Ymir.
Mi estraniai dalla conversazione. Lo sapevo dove sarebbe andato a parare, me lo sentivo.
«Allora ad esser entrati nel Corpo di Gendarmeria sono Annie, Jean e Marco.»
Sentii le lacrime agli occhi pensando all'immagine di Marco con la divisa da gendarme, e invece era un mucchietto di ceneri che era finito nei miei occhi. Jean con passo lento si avvicinò alle spalle di Eren, che si voltò in sua direzione. Era sorpreso della sua presenza, Jean aveva sempre detto che sarebbe andato nella Gendarmeria perché non era un "bastado che ha fretta di morire".
«Non mi aspettavo che persino tu...» balbettò Eren, che però venne interrotto dalle fatidiche parole di Jean.
«Marco è morto.»
Questo annuncio detto in maniera così secca mi fece male al cuore. Io avevo trovato il suo cadavere e io l'avevo cremato. Non ero ancora pronta a pensare alla sua morte come qualcosa di normale, qualcosa che capitasse agli esseri umani. Con il tempo ho capito che è la vita, ma certi giorni non me ne faccio ancora una ragione.
Eren chiese come fosse morto, ma la verità era che nessuno l'avrebbe saputo prima di altri quattro anni.
Jean disse una frase che mi è rimasta impressa nella mente. «Evidentemente non tutti hanno la fortuna di morire in modo glorioso. Nessuno di noi ha visto com'è sucesso. È morto da solo come un cane, senza nessuno vicino.»
Ingollai il groppo che mi si era formato in gola.
Eren era scioccato, non poteva credere alle sue orecchie. «Marco è... È così?» chiese a me, come se la ragazza di Marco avesse in mano la verità assoluta. Forse sperava in uno scherzo, non lo so, magari sperava che Marco spuntasse dal nulla e dicesse che anche lui era nel Corpo di Ricerca, ma la risposta che diedi io fu quella definitiva che risolse ogni suo dubbio.
«È morto. L'ho trovato divorato a metà sul ciglio di una strada.» dissi con voce gelida.
Nessuno aggiunse altro. Era già stato detto tutto.

Ed, della Squadra Levi, ci chiamò in adunata dato che erano arrivate le uniformi del Corpo di Ricerca. Avessi avuto undici anni non avrei visto l'ora di indossarle, ma in quel momento non sapevo cosa volessi. Ero felice? Felice di un pezzo di stoffa verde che simboleggiava il sacrificio di vite umane per la libertà? Era ciò in cui avevo sempre creduto.
Presi i miei vestiti e mi diressi in camera per cambiarmi. Quel mantello verde doveva essere la mia salvezza, doveva proteggermi come uno scudo dal mondo, eppure mi pesava. E lì, in quel momento, mi parve di vederlo con le Ali della Libertà sulla schiena. Allora, solo allora capii che non sarebbe più tornato, ma che era libero dalle mura. Presi il mantello, lo spiegai ed ammirati le Ali della Libertà che troneggiavano come vittoriose al centro. Belle, blu come si diceva fosse il mare, blu come la libertà.
La mia nuova divisa. La divisa con le Ali della Libertà. La mia amata e bramata libertà. Presi delicatamente la giacca e la spiegai. Guardai lo stemma con le due ali, una argento e una blu, incrociate sullo scudo comune a tutti Corpi dell'Esercito. Ora ero io ad avere quelle ali sulla schiena. Toccava a me volare via.

𝗹𝗲 𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀ - [ m. bodt ; j. kirschtein ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora