x. 𝘂𝗻𝗮 𝗽𝗶𝗰𝗰𝗼𝗹𝗮 𝗹𝗮𝗺𝗮

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𝗘𝗥𝗢 𝗥𝗜𝗠𝗔𝗦𝗧𝗔 pietrificata

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𝗘𝗥𝗢 𝗥𝗜𝗠𝗔𝗦𝗧𝗔 pietrificata. Cos'era appena successo? Cos'avevo appena visto? Noi eravo forti, dovevamo fidarci gli uni degli altri, ci dovevamo difendere. E invece non eravamo che prede indifese agli occhi dei giganti.
"Quello" che divorò Thomas si girò e continuò la sua barbarica caccia all'uomo, a cercare altri cadetti inesperti da divorare.
La rabbia prese il sopravvento, e inseguii Eren che si era avventato contro il gigante. Non mi interessava del gas, se lo stessi terminando o meno, volevo solo la vendetta.
«Bastardo! Torna qui!» gridai a squarciagola. «Thomas non morirà così!» Avevo perso il lume della ragione.
Eren mi affiancava negli spostamenti, e anche il resto della squadra si decise a seguirci, o meglio, a inseguirci. In effetti, senza l'ingegno di Armin e il carattere di Mina non saremmo andati tanto lontani.
Non persi d'occhio il titano, lo tenevo sotto tiro, perché ero convinta che non potesse scappare via così, come se nulla fosse.
Decisi che era arrivato il momento di attaccare, quindi mi staccai dal gruppo e spiccai un salto verso destra superando Eren che decise di seguirmi.

Accadde tutto così velocemente. Un altro gigante, probabilmente appostato lì sotto da prima, sbucò fuori all'improvviso da due case. Aveva la bocca spalancata, riuscii a vedere la profondità oscura della sua gola.
Io ero fuori pericolo, Eren no.
Non capii bene la dinamica di come andarono le cose, so solo che nel preciso istante in cui affondai le lame nella collottola del gigante che aveva ucciso Thomas e lo uccisi, sentii il grido di dolore di Eren. Addosso avevo del sangue. Avevo appena ucciso un gigante, magari quel sangue era il suo, ma c'era anche l'alta probabilità che fosse di Eren.
Ruotai su me stessa per tornare indietro e vedere se i miei compagni si fossero effettivamente feriti.
Schivai un gigante senza attaccare: sembrava impegnato a dirigersi verso un'altra direzione che non era la mia. Sarà stata una classe otto, massimo nove metri e aveva un bizzarro taglio a caschetto e lo sguardo cattivo. Ero lontana circa cinque metri da lui, e vidi tutta la scena.
Mylus era stato ucciso poco prima, schiacciato dalla mano di un altro gigante.
La corda del dispositivo di Mina venne afferrata dal gigante che mi aveva ignorato, e sbatté la ragazza ad una parete. Ormai era tramortita, incapace di muovere un muscolo dal dolore. Avrei voluto salvarla, ma era troppo lontana da me e difficile da raggiungere. Ci provai comunque, ma un altro dannato gigante mi si parò davanti e mi bloccò.
Con un gesto veloce mi scaraventò a terra, e mi ritrovai ai piedi di un altro che si stava divorando Nak. Alzai il capo, e vidi il ragazzo dimenarsi e muovere le lame a destra e a manca. «Non lo fare! Non mangiarmi, ti prego!» implorava al gigante, poi tacque.
Il suo capo era già tra le fauci del nemico, che chiuse la bocca e fece gocciolare giù il sangue del collo di Nak.
Non mi persi nemmeno un millisecondo di tutto quello spettacolo dell'orrore, ma dovetti chiudere gli occhi per non farci finire il sangue del mio compagno.

Il sangue aveva proprio la stessa consistenza che ricordavo: denso, caldo e appiccicoso. Mentre reggevo la spada mi ripulii la fronte e gli occhi con una mano. Avevo il volto più asciutto, ma mi ero sporcata ancora di più.
Dovetti muovermi per salvarmi, perché il carnefice di Nak aveva fatto cadere il suo corpo senza testa accanto a me, che ero diventata una preda più succulenta siccome ero viva. Mi rotolai su un fianco e mi alzai di scatto, e corsi verso una casa senza più un tetto azionando il dispositivo di manovra. Mi agganciai al muro diroccato che era abbastanza alto per raggiungere il gigante e farlo fuori. I miei calcoli erano esatti. Affondai con facilità le lame nelle carni dure del titano, assaporando il sapore della vendetta.
«Nak... Questo era per te...» mormorai da sopra il cadavere imponente del gigante, mentre osservavo il corpo stritolato e senza testa di Nak.
Dovetti ridestarmi subito alle strida di Mina, che si dimenava come un maiale che sapeva che stava per essere sgozzato. Il suo corpo sembrava attraversato da scariche elettriche, ma la presa del gigante era troppo forte. Si portò la testa di Mina alla bocca, e chiuse i denti.
Perché non avevo agito subito? Perché anche quella volta avevo dovuto aspettare la morte di qualcuno per fare il mio dovere?
Nonstante uccisi diversi giganti quel giorno, non salvai Mina, né Thomas, né Nak o Mylus. Loro erano morti implorando perdono a qualche divinità, pregando i loro carnefici di non ucciderli. Ed io ero in ginocchio davanti al cadavere di Mina. Era una vista disgustosa, ma non riuscivo a distogliere lo sguardo. Ero come ipnotizzata dal suo cranio spazzato a metà, che lasciava fuoriuscire il cervello spappolato e molliccio. Avevo sempre creduto che fosse più rigido, e invece non era che una massa rosea gelatinosa.
Era davvero quella la morte? Io dovevo morire così?
Alzai il capo e vidi Eren steso moribondo su un tetto, senza una gamba. Dall'arto mozzato usciva copioso del sangue rosso vivo che aveva imbrattato le tegole. Armin invece, era immobile sull'edificio opposto, a cui si stava avvicinando un gigante con la barba folta e grigia.
In quel momento, persi tutte le forze nel mio corpo. Eravamo rimasti in tre, ma ero certa che non sarebbe stato così per molto. Il terreno vibrava ad ogni passo del gigante barbuto, ma non riuscivo ad alzarmi.
Non c'era scampo per noi tre: Eren sarebbe morto dissanguato, Armin divorato, ed anche io probabilmente. Ero pronta alla morte, mi stavo arrendendo. Cosa mi restava da fare? Perché andare avanti?
Quella fu la prima volta in cui pensai: "È la fine." Nemmeno il giorno in cui Shiganshina venne distrutta lo pensai.

𝗹𝗲 𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀ - [ m. bodt ; j. kirschtein ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora