iii. 𝗹𝗮 𝗹𝘂𝗰𝗲 𝗼𝗽𝗮𝗰𝗮 𝘁𝗿𝗮 𝗹𝗮 𝗱𝗶𝘀𝗽𝗲𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲

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ᵃⁿⁿᵒ ⁸⁴⁷⁻ᶜᵃᵐᵖᵒ ᵈ'ᵃᵈᵈᵉˢᵗʳᵃᵐᵉⁿᵗᵒ

𝗘 𝗖𝗢𝗦𝗜', due anni dopo, noi quattro ci arruolammo

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𝗘 𝗖𝗢𝗦𝗜', due anni dopo, noi quattro ci arruolammo. Non eravamo che dei bambini, avevamo solo dodici anni.
Crebbi molto in altezza, e sfioravo il metro e cinquantotto.
Il giorno in cui lasciai la nostra casa provvisoria, mia madre pianse, continuando a ripetere che non dovevo andare, che avrei dovuto studiare e diventare un'insegnante come volevo da bambina, che non dovevo andare al macello per il re. Fu così difficile.
Mi misi lo zaino in spalla con ciò che mi rimaneva da "Quel giorno", mentre in mano reggevo una valigia con dei vestiti,  e salii sul carro che mi avrebbe condotto al centro di addestramento.
Mi sedetti tra Armin e un ragazzino con i capelli rasati.
Diedi un'ultima occhiata ai miei genitori, che mi stavano salutando con la mano. Non li avrei rivisti per un bel pezzo.
I cavalli scalpitarono, e partimmo.

«Allora siamo partiti, non è così Armin?» gli dissi un po' preoccupata per il nostro futuro.
Il biondo mi mise una mano sulla gamba per rassicurarmi. «Vedrai che andrà tutto bene. Saranno tre anni lunghi, ma alla fine saremo molto preparati per il futuro.»
Il pelato affianco a me borbottò:«Siete ottimisti voi.»
Ridacchiai. Quanto lo trovavo buffo.
«Ehi, cosa ridi?» mi domandò scocciato.
Scossi la testa. «Nulla, nulla...»
Mi avvicinai di più ad Armin e gli sussurrai all'orecchio: «Questo è già pelato a dodici anni... Deve essere proprio stressato.»
Armin si mise una mano sulla bocca per non far sentire la sua risata.
Davanti a noi sedevano Eren e Mikasa, sempre insieme, sempre inseparabili. Mikasa si ostinava a seguire Eren in qualsiasi posto andasse, ed Eren si sentiva stretto, con le ali tarpate.

Passammo il viaggio a chiacchierare tra noi quattro, a parlare delle nostre aspettative e speranze.
«Io e te Liz! Già ci immagino a tagliare la testa a tutti i giganti! Saremo così forti da entrare fin da subito nelle grazie del Comandante Erwin e del Capitano Levi!» e intanto gesticolava con le mani.
Sorrisi carica di entusiasmo. «Sì! Vedrai, saremo fortissimi! Distruggeremo tutti i giganti, dal primo all'ultimo! Saremo degli eroi!»
Eren si alzò dalla seduta e mi abbracciò con forza. «Sì! Meno male che ci sei tu! Sei l'unica qui che mi capisce!»
Ricambiai l'abbraccio e risi. «Alla fine dell'addestramento saremo imbattibili!»
Ora, ripensando a queste parole, mi rendo conto che non avrei mai pensato che Eren Jaeger sarebbe diventato un nemico per noi, e i nostri ideali e aspettative del futuro diventassero così diverse. Com'è ironica la vita. Chissà che fine ha fatto quel ragazzino così determinato, felice, pronto a salvare gli altri.

Non mi ricordo quanto durò il tragitto, ma arrivammo che era all'incirca mezzogiorno. Scendemmo dal carro, e mi accorsi che ce n'erano altri. In totale saremmo stati quasi trecento reclute.
Un soldato sulla trentina ci accolse e ci accompagnò ai dormitori. Si trovavano in un grande stabile in legno che aggirammo. Mi sembrò di entrare da una porta sul retro, siccome era stretta e dava su un atrio altrettanto stretto. «Femmine a sinistra, maschi a destra. Vi voglio qui con le uniformi tra un quarto d'ora.» ordinò il soldato categorico, e mentre parlava indicò una scalinata che andava al piano superiore.
Con la coda dell'occhio scorsi in un gruppetto di reclute un ragazzo più alto della media, con i capelli scuri, pettinati con la riga in mezzo e le lentiggini. Chissà chi era.
Con un'occhiata chiesi a Mikasa se andare su o no, e lei con un cenno del capo disse di sì. Il magico potere della lingua dei segni delle ragazze

𝗹𝗲 𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀ - [ m. bodt ; j. kirschtein ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora