xi. 𝗹𝗮 𝗳𝗶𝗻𝗲

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𝗖𝗜 𝗠𝗘𝗧𝗧𝗘𝗠𝗠𝗢 in cerchio per ascoltare il piano di Armin

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𝗖𝗜 𝗠𝗘𝗧𝗧𝗘𝗠𝗠𝗢 in cerchio per ascoltare il piano di Armin.
«Se nel deposito ci sono ancora degli esemplari di classe tre o quattro metri, forse potremmo servirci dei fucili per accecarli e aprire una via di fuga.»
Aveva senso, aveva molto senso. Anche se le parti lese dei giganti si rigenerano, non avrebbero mai fatto in tempo a riprendere la vista e li avremmo potuti eliminare prima che se ne accorgessero. Avremmo calato i nostri migliori tiratori con il montacarichi, e con i fucili avremmo sparato negli occhi dei giganti. In seguito, altri otto cadetti si sarebbero calati dal soffitto per colpirli alla collottola e farli fuori una volta per tutte.
Armin scelse me, Annie, Jean, Connie, Sasha, Reiner, Berthold e Mikasa per attaccare direttamente i giganti.
Armin ci guardò, e mormorò: «Lascio a voi questo compito, perché avete le migliori capacità di movimento... Lo so che è un'immensa responsabilità, e per questo vi chiedo scusa.»
Reiner si affrettò a tranquillizzarlo. «Non c'è nessun problema!»
Invece Annie con il suo solito ottimismo non ci pensò due volte a dire: «Tanto al minimo errore moriremo comunque tutti, quindi il rischio è lo stesso.»
Corrugai la fronte totalmente in disaccordo con lei, ma non dissi nulla per non rendere l'aria più tesa.
Armin guardò in basso, e con titubanza ci disse per l'ennesima volta: «Sì, però... Siete sicuri di voler seguire un piano pensato e studiato da una nullità come me?»
L'insicurezza che lo tormentava da una vita non lo abbandonava proprio mai.

Marco si sporse in avanti per consolarlo. «Non abbiamo altra scelta, il tempo ormai stringe. E poi non mi sembra ci siano proposte migliori, quindi cerchiamo di darci da fare, d'accordo?»
Anche Mikasa gli disse due parole per incoraggiarlo. «Non preoccuparti, e abbi fiducia in te stesso. Tu riesci sempre a trovare la soluzione migliore. Se ora siamo qui è proprio grazie alla tua grande capacità.»
Mikasa aveva ragione. L'intelligenza di Armin ci aveva salvato più volte, e anche quella volta l'avrebbe fatto di sicuro. Io e gli altri scendemmo le scale per raggiungere le nostre postazioni, e Connie si pose un quesito importante. «Mi chiedo una cosa. Come faremo senza il movimento tridimensionale?»
«Devi stare tranquillo. Sono solo dei classe quattro metri.» disse Reiner spavaldo. «Il loro punto debole è facile da colpire.»
«Giusto.» concordò Jean. «In fondo basterà solo fare un bel taglietto sotto la loro nuca.»
Sasha ricordò: «Lunghezza un metro...»
«...Larghezza dieci centimetri!» conclusi io ridacchiando nervosamente.
Per smorzare la tensione, Reiner aggiunse: «O in alternativa, ficcategli questa su per il culo. Di punti deboli ne hanno solo questi due.» e alzò la lama destra in aria.
Connie, che non aveva colto la battuta, esclamò sorpreso: «Io non lo sapevo! E muoiono anche così?»
«Anch'io lo sento adesso per la prima volta...» sussurrò Sasha che aveva la stessa finezza mentale di Connie.
Jean invece rimproverò Reiner come fa una maestra delle elementari. «Reiner... Guarda che queste potrebbero essere le tue ultime parole.»

I giganti arrivarono in otto, come previsto, e dalle travi sul soffitto vedevamo tutto alla perfezione.
«Fuoco!»
Il segnale di Marco spezzò il silenzio quasi sacro che si era creato. Un boato causato dagli spari dei fucili riempì lo scantinato, e appena le pallottole raggiunsero le pupille dei giganti, mi calai giù per attaccare.
Senza rendermene conto lanciai un grido così disperato che quasi mi squarciò la gola. Il gigante che dovevo attaccare era un classe quattro metri con un comportamento vagamente bizzarro, perché mentre camminava ondeggiava. Mi bastò spiccare un salto in avanti e abbassare le mani sul punto debole del titano, e il gioco era fatto.
«Preso!» urlai per informare gli altri appena atterrai sul pavimento.
«Colpiti. E gli altri?» domandò Mikasa guardando Sasha e Connie, ma loro due non ce l'avevano fatta. Avevano colpito di striscio i giganti, senza ferirli mortalmente.
Il loro obbiettivo era lo stesso che aveva ucciso Mina Carolina, lo stesso che aveva contribuito all'annientamento della Squadra Trentaquattro.
Le lacrime rigavano il volto di Sasha, che terrorizzata, indietreggiava insieme a Connie mormorando qualcosa di incombrensibile. Dalla posizione in cui ero, senza il dispositivo di manovra era impossibile raggiungere il collo del gigante, ma c'era altra scelta?
«Sasha e Connie in pericolo!» gridò Berthold.

𝗹𝗲 𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀ - [ m. bodt ; j. kirschtein ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora