xv. 𝗮𝘁𝘁𝗮𝗰𝗰𝗼 𝗮 𝘀𝗼𝗿𝗽𝗿𝗲𝘀𝗮 𝗮 𝘀𝘁𝗼𝗵𝗲𝘀𝘀

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𝗦𝗘 𝗣𝗢𝗥𝗧𝗔𝗥𝗘 il Gigante Femmina fuori dalle mura con Eren come esca era impossibile, allora bisognava farla uscire in un altro modo

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𝗦𝗘 𝗣𝗢𝗥𝗧𝗔𝗥𝗘 il Gigante Femmina fuori dalle mura con Eren come esca era impossibile, allora bisognava farla uscire in un altro modo.

Tornati nel Distretto di Karanes, non feci nemmeno in tempo a ricevere le cure adeguate, che cercai subito carta e penna per scrivere una lettera in cui richiedevo con urgenza un ricevimento con il Comandante Erwin Smith. Le mie ipotesi, per quanto vaghe, avrebbero potuto cambiare le carte in tavola. Forse saremmo riusciti a capirne di più sulla faccenda.

Mi trovavo nell'infermieria del Quartier Generale, quando il Caposquadra Mike Zacharias entrò senza bussare. L'infermiera mi stava medicando delle ferite sui fianchi, causate dai volteggi che il Gigante Femmina mi aveva fatto fare un giorno prima.
«Yuriba, il Comandante Erwin ha ricevuto la tua lettera, e a quanto pare, anche un tuo compagno ha avuto la tua stessa idea.» mi spiegò con pacatezza. «Tu ed Arlert verrete ricevuti tra venti minuti nell'ufficio del Comandante.»
Mi sollevai di scatto dal letto nonostante l'infermiera mi disse di stare ferma. «Sissignore.» dissi soltanto.
Il Caposquadra Mike mi salutò con un cenno del capo e uscì dall'infermieria.
«Scusi, quanto manca?» domandai all'infermiera mentre passava del disinfettante sulle ferite. Sentivo il sangue scorrere veloce nelle vene e il cervello era come se fosse costantemente scosso da delle scariche elettriche.
«Lei è proprio impaziente signorina! Ho quasi fatto, mi faccia prendere un cerotto, anzi no, una benda così almeno fasciamo tutto il bacino.» mi rispose lei mentre cercava una benda in un armadio. «Su, si abbassi i pantaloni e le mutande.» mi ordinò mentre srotolava la benda bianca.
Senza ribattere feci come detto, e mentre la donna mi passava la benda attorno al bacino, stavo pensando a cosa dire al Comandante. Quando il lavoro venne terminato, mi fu consentito di rivestirmi. Uscii dall'infermieria di corsa senza nemmeno salutare, e mi precipitai verso l'ufficio del Comandante. Feci due rampe di scale due a due, senza ascoltare il mio corpo pieno di acciacchi, e fuori dalla porta trovai Armin seduto su una panca. Era evidentemente in tensione, e teneva lo sguardo fisso per terra.

«Armin!» lo chiamai dal fondo del corridoio. Il ragazzo sembrava sorpreso di vedermi, probabilmente non sapeva che ci sarei stata anche io.
«Liz, che ci fai qui?» mi chiese con la voce tremante dall'emozione per l'incontro imminente con il Comandante di Divisione.
Mi sedetti al suo fianco. «Quello che ci fai tu. So che vuoi dire a Erwin il nome di chi credi tu sia il detentore del Gigante dalle fattezze femminili.»
Armin rizzò la schiena e si voltò verso di me. «Quindi credi anche tu... che il Gigante Femmina sia...»

In quel momento, il Caposquadra Mike aprì la porta dell'ufficio di Erwin e ne uscì. «Reclute, il Comandante è pronto a ricevervi.»
Sia io che Armin ci alzammo di scatto e senza farcelo ripetere due volte entrammo nell'ufficio. Era una stanza molto grande, la scrivania in legno massiccio del Comandante Erwin si trovava in fondo, davanti ad una grande finestra dalla quale entrava la luce che illuminava tutto l'ufficio. Per terra, si estendeva un tappeto rosso con motivi a rombi.
Il Comandante si trovava di spalle, stava guardando fuori dalla finestra con le mani giunte dietro la schiena.
«Arlert, Yuriba. Devo dire che non sono molto sorpreso dal fatto che voi due siate qui insieme.» disse mentre si girava verso di noi. «Sedetevi.»
Io ed Armin prendemmo posto nelle due sedie in legno e pelle che si trovavano di fronte alla scrivania. Il Comandante si sedette a sua volta sulla sua sedia che ricordava molto una cattedra, cioè la seduta dei sacerdoti del culto delle Mura presenti nei santuari. I suoi occhi azzurri si muovevano da me ad Armin, con scatti decisi, senza tremori. Si sentiva la tensione nell'aria.
«Dunque, entrambi avete dei sospetti sul detentore del Gigante Femmina. Ed entrambi avete ipotizzato che sia un vostro ex compagno del Corso di Addestramento.» iniziò Erwin. «Nessuno dei due però, si è azzardato a scrivere il nome di tale ex cadetto. Vi invito quindi, in nome dell'umanità, di comunicarmi il nome, e di spiegarmi le motivazioni per cui siete arrivati a questa conclusione.»
Sentivo la pressione alle stelle. Il destino dell'umanità, secondo il Comandante del Corpo di Ricerca, in quel momento era nelle mani di due ragazzini di quindici anni.
Erwin non diede cenno di distogliere io suo sguardo da noi, ed intimorita, mi ritrovai ad abbassare lo sguardo per una frazione di secondo, ma lo rialzai subito.
«Signore, se Armin mi permette, vorrei dare le mie ipotesi su chi sia il traditore.» dissi guardando negli occhi il Comandante e poi Armin. Il mio amico con un cenno del capo mi incitò a parlare per prima.
Ingoiai un po' di saliva timorosa che la mia ipotesi fosse avventata. «Non voglio perdere tempo, per cui dirò ora il nome di chi credo sia il traditore che ha ucciso Sonny e Bean, ma che è anche il detentore del Gigante dalle fattezze femminili.» Presi un respiro. «Il suo nome è Annie Leonhart, ex cadetto del Centoquattresimo Corso di Addestramento per Reclute del Distretto Sud, attualmente membro del Corpo di Gendarmeria nel Distretto di Stohess.»
Il Comandante mi fermò con un cenno della mano. «Grazie Yuriba, ora sentiamo se Arlert ha avuto la tua stessa intuizione.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 05 ⏰

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𝗹𝗲 𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗮̀ - [ m. bodt ; j. kirschtein ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora