Capitolo 9.

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"Oh, I'm a mess right now, inside out
Searching for a sweet surrender but this is not the end."

Ed Sheeran - I'm a mess

"Hey calma." Mi consola Riccardo. Dopo che mi ha abbracciato, sono crollata, rotta, perdendo la battaglia contro di me. Le sue braccia sono ancora attaccate al mio corpo quando, piangendo, gli ho raccontato tutto quello che è successo.

"E poi c'era mia zia che sembrava una stalker quando ti ha visto, lei pensa sempre che ci sia qualcosa tra un ragazzo e una ragazza, le ho ripetuto centinaia di volte che tutte le femmine mi stanno in culo." Rido leggermente pensando alla faccia di mia zia che lo fissava da maniaca.

"E poi c'eri te, con quella faccia da 'non uccidermi ti prego, non sono stato io' che era esilarante." Comincio a diventare più tranquilla. La situazione anche. Mi allontano e lo guardo mortificata ma anche più rilassata. Ho sicuramente gli occhi rossi e grandi e le guance rigate dalle lacrime. Che strano.

"Scusa, bhe in una situazione del genere solitamente sarei andata a bere in un locale a caso, non sono abituata a questo." Sorrido tristemente.

"Non dirò nulla in giro." Mi rassicura e poi ripartiamo. "Dove vuoi andare?" Mi chiede con un grande sorriso.

"Non a casa mia per piacere, vedi che fanno gli altri. Ho bisogno di divertirmi." Dico ancora con voce tremolante. Fanculo. Chiamiamo dalla macchina Matteo che ci risponde dicendoci che sono ancora a casa sua in attesa di nostre notizie. Noto solo ora che che sono le sette e quarantadue minuti e siamo via da quattro orette più o meno. Gli diciamo che arriviamo subito e spegniamo la chiamata.

Comincio ad agitarmi quando siamo sul vialetto di casa sua, avendo paura di avere ancora gli occhi rossi e gonfi. Non mi voglio far vedere come mi sono fatta vedere da Riccardo, quella non sono io. Io sono la ragazza fredda e acida che respinge le persone, non quella che si è sciolta in un abbraccio. Non sono quella che pur di sfogarmi, faccio scenate; sono quella che pur volendo qualcosa, non faccio la leccaculo.

Aprendo la porta, cerco di rimanere dietro a Rick, pet far notare meno il mio aspetto. Oh no, il trucco. E ora?

"Ragazzi devo andare in bagno un secondo." Faccio finta che mi caschino le cuffiette e raccogliendole dandogli schiena, cosicché con possano vedermi in viso. Ma Riccardo avvertirmi no?

Mi incammino verso il bagno e, una volta arrivata, mi guardo allo specchio. Ho il trucco che è per metà colato sulla mia guancia, meno male che Rick ha la maglietta nera. Cerco le salviettine che spero abbia sua mamma ma, non trovandole, mi rassegno all'acqua. Proprio mentre sto per mettere la faccia sotto il lavandino, entrano delle gambe avvolte da dei skinny strappati. Alzo la testa e vedo il viso di Matteo così frettolosamente, mi bagno la faccia e cerco di togliermi il trucco.

"Ti serve il bagno? Io mi sto solo togliendo il trucco perché mi da fastidio dato che oggi è stata una giorna impegnativa e stancante e avevi bisogno di togliermi questo peso dalla faccia ma-" Mi interrompe.

"Lo sai che stai blaterando?" Mi ferma. Si lo so. Eccome se lo so.

"Non è vero." Mento.

"Si si okay. Puoi andartene?" Mi domanda indicandomi la porta.

"Si okay ehm- ciao." Esco. Cazzo. Proprio ora devo mettermi a fare la timida. Eh no. Odio quando faccio la timida. O la stronza. O l'asociale. O una materialista del cazzo, una nervosa, una sclerata, una persona insignificante. Perché è la verità, è questo ciò che sono, una cogliona. Odio me stessa e tutto ciò che mi rigurda, la mia vita di merda. Una cogliona che perde le persone, che le respinge e non riesce ad avere nessuno. Una gatto nero, nessuno lo vuole e porta sfortuna. Sono un gatto nero.

Mi accascio al pavimento del muro del corridio. Non ancora Erica, non piangere ancora. Voglio andare a casa, in bagno, a piangere.

"Ragazzi io vorrei andare ora, sono stanca." Dico entrando in salotto dove li vedo giocare a Fifa, mi infilo la felpa e esco.

"Dove vai?" Mi chiede Matteo appena esce dal bagno.

"A casa perché sono stanca. Buonanotte ragazzi." Matteo mi guarda stringendo le palpebre come se non mi credesse. Smettila che sennò mi viene da piangere.

"Ti accompagno." Dice alla fine. Eccheccazzo no Matteo.

"Posso andare anche da sola." Mi oppongo ma non mi caga e si mette le Vans consumate marroni ed esce, davanti di me.

Camminiamo senza parlarci, lui tutto tranquillo, io invece con le labbra strette in una linea dura. Ssh, tieni a bada i tuoi demoni Erica. Ma poi, quando i miei occhi cominciano a diventare lucidi, guardo in alto, verso il cielo senza stelle.

"Perché guardi in alto?" Mi domanda completamente ignaro di ciò che sono io.

"Nessuno guarda il cielo finché non ti viene da piangere."

NO NON SONO MORTA.
Vi spiego. Allora, questa settimana è stata tipo troppo per i miei sport. Non ho avuto tempo di fare nulla, non so se lo sapete, e non penso proprio ma io, da essere umano, faccio cheerleader e questo sabato ho avuto un campionato, che è andato molto bene.

La scuola ha sinceramente rotto il cazzo e io sono allo sfinimento totale.

SCUSATE DAVVERO. SO CHE SONO SCUSE E OGNI SERA MI SENTIVO IN COLPA PER NON AVER AVUTO TEMPO PER AGGIORNARE.

PROBABILMENTE È UNA MERDA E NON HA SENSO STO CAPITOLO MA SCUSATE.

DOVREI COMINCIARE ANCHE UN'ALTRA STORIA.

DIO CLESSIDRA.

Mistake || Matteo Tiberia (Crookids)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora