5.

4.1K 267 84
                                    

«possibile che ogni volta che faccio qualcosa di bello mi devi far rodere il culo?»

Le urla dei due riempivano la casa da circa una decina di minuti, da quando Manuel aveva messo piede in camera, per l'esattezza.

«scusame tanto se te dico de sta' attento perché non lo conosci, la prossima volta te auguro de fini' dentro a un fosso, va meglio?»

Il maggiore uscì dalla stanza sbattendo la porta, Simone all'interno si stava preparando per uscire con Marcus ed era tutto il pomeriggio che il più grande gli sembrava piuttosto irascibile. Si andò a sedere sul divano, tirò su il cappuccio della felpa e mise le cuffiette cercando di attutire il rumore di tutti quei pensieri che gli stavano annebbiando la mente.

Quello arrabbiato sarebbe dovuto essere lui, era lui che stava rimanendo solo in una casa che non era la sua, era lui che lo avrebbe aspettato tutta la sera con la preoccupazione che succedesse qualcosa, era lui che avrebbe pensato tutta la sera al fatto che qualcuno che non fosse lui avrebbe potuto toccarlo anche semplicemente per abbracciarlo.
Era sempre lui, però, che aveva permesso che tutto quello succedesse, era sempre lui che continuava a non dare ascolto a quei pensieri, che ormai erano gli unici pensieri insistenti e non lasciargli mai la testa.

Si portò le ginocchia al petto e ci poggiò la fronte sopra, la verità era che non aveva alcun diritto per vietare a Simone di uscire con quel ragazzo, però avrebbe voluto farlo, voleva che si mettessero seduti sul divano insieme a non fare nulla e chiacchierare tutta la sera, voleva stargli vicino e toccarlo distrattamente ogni volta che ne sentiva la necessità.
Sentì il divano muoversi vicino a lui ed alzò la testa trovandosi davanti Floriana che lo guardava con sguardo apprensivo, levò le cuffiette infilandole nella tasca della felpa.

«Simone è uscito» Manuel annuì poggiando il mento sulle ginocchia. «avete discusso?» continuò lei.
«gli ho solo detto di fare attenzione» soffiò lui, fissando la televisione spenta danti a se. Floriana ridacchiò.
«è la cosa che più lo manda fuori di testa, io e Dante non lo possiamo più dire, gli sembra che non ci fidiamo di lui»
«ma io me fido de lui, non me fido de quello» si affrettò a chiarire.
«non ti fidi o non ti piace che ci esca?»

Manuel non rispose, se avesse risposto avrebbe detto "tutt'e due" e lui non voleva rispondere una cosa del genere alla madre di Simone. Questo però non significava che la donna non avesse capito, quindi semplicemente disse la frase che in quel momento gli sembrava più sensata.

«si merita di essere felice»
«sono d'accordo, pensi che oggi sia più felice con quel ragazzo che con te?» Manuel sospirò.
«si, sennò non ce lo facevo anna'» rispose istintivamente. «cioè non che je devo da er permesso io pe fa le cose eh» Floriana rise ed annuì, poggiando il braccio sullo schienale del divano.
«io non credo sia più felice così»
«lo sa meglio di me quanto l'ho fatto sta male»
«vero, ma so anche che non l'ho mai visto così felice come quando sta con te»
«mi madre me dice la stessa cosa»

Risero entrambi e Manuel tirò giù le gambe incrociandole tra loro. Floriana somigliava un po' a sua madre quando si trattava di parlare di sentimenti, gli sembrava di parlare con lei sotto un certo punto di vista.

«ci facciamo una cioccolata calda? Tanto nessuno di noi due dormirá fino al suo ritorno»

Il ragazzo annuí e la seguì in cucina, solo in quel momento, dopo una settimana, notò che la donna aveva una catenina con le iniziali di Simone e Jacopo e pensò a quanto fosse stato devastante quell'episodio per la loro famiglia, nessuno di loro tre lo aveva ancora superato e probabilmente non lo avrebbero fatto mai, lui però poteva aiutare Simone a sentire meno il peso.

«posso farti una domanda su... Sul fratello di Simone?»

Floriana annuì mentre sistemava il pentolino sul fornello, per un po' di anni parlarne era stato impossibile, non voleva che nessuno le chiedesse di Jacopo, poi con l'aiuto di una psicologa era riuscita a sbloccare quella fase e ora parlarne la faceva stare bene, era come riportarlo in vita.

«erano tanto diversi di carattere?» chiese.
«tantissimo, Simone era esattamente come adesso, non è cambiato nulla, Jacopo invece era molto più caotico, gli faceva sempre i dispetti e si nascondeva sotto il letto per farlo spaventare. Quando ti ho conosciuto ho pensato che se ci fosse stato adesso forse avrebbe avuto il tuo stesso carattere»

Manuel sorrise poggiandosi con i gomiti al bancone, tutti quei collegamenti tra lui, Simone e Jacopo lo mandavano ai matti. Erano 14 anni che lui e Simone erano in qualche modo legati e non lo avevano mai saputo.

«adesso posso farti una domanda io?» chiese lei alzando lo sguardo verso di lui per una frazione di secondo.
«certo»
«sei geloso di Simone?»

In casa calò un silenzio glaciale, si sentiva solamente il rumore del fornello acceso e Manuel cercò di elaborare quella domanda. Il suo cervello continuava a porgliela ormai da una settimana e lui continuava ad ignorarlo, una persona vera e propria però non poteva ignorarla, non poteva semplicemente girarsi e chiudersi in camera fingendo che Floriana non esistesse. Doveva fare i conti con quel cassetto aperto, doveva fare i conti con l'elefante rosa nella stanza e soprattutto doveva fare i conti con i suoi sentimenti, anche se non si sentiva pronto.

«forse si» ammise in un sussurro.
«perchè non gliel'hai detto?» eh, perché non gliel'ha detto? La risposta per Manuel era tanto ssmplice quanto difficile da pronunciare.
«si merita qualcosa di meglio, credo»
«io credo di no, e soprattutto quello che si merita non conta, conta quello che vuole»

E Manuel non rispose, iniziò a bere la cioccolata calda cercando di ingoiare anche tutto l'imbarazzo che lo stava travolgendo, in quel momento non sapeva nemmeno cosa volesse lui, figuriamoci se poteva sapere cosa volesse Simone. Ma una cosa per lui era chiara come il sole, non voleva stare con Manuel, altrimenti non lo avrebbe lasciato solo per uscire con un altro.
Il ragazzo si propose per lavare le tazze e Floriana lo lasciò fare per andare a finire un lavoro iniziato. Quando arrivò mezzanotte e mezza decise di mettersi a letto, appena si sdraiò prese il cuscino di Simone e lo strinse a se immergendoci la faccia dentro, sperò che stesse bene e che si stesse divertendo, anche se non con lui, l'importante era che fosse felice.

Quando il più piccolo rientrò un'ora dopo trovò Manuel addormentato con il suo cuscino stretto tra le braccia, una morsa allo stomaco lo fece muovere fino al suo letto su cui si mise seduto. La serata era andata abbastanza bene, Marcus era un ragazzo simpatico, ma il pensiero di Simone per tutta la serata era quello di tornare a casa dal riccio.
Allungò una mano accarezzandogli i ricci e Manuel si mosse leggermente aprendo un occhio, Simone si sentì colto con le mani nel sacco, ma quando stava per ritrarre la mano il più grande abbozzò un sorriso.

«sei tornato»
«si»

Non ricevette nessuna risposta, segno che Manuel si fosse riaddormentato, decise di lasciargli il cuscino visto che non aveva accennato a mollarlo e ne andò a prendere uno del divano. Prima di spegnere la luce sul comodino gli lasciò un bacio sulla fronte, bacio che Manuel sentì perché ad addormentarsi senza Simone vicino non ci pensava proprio.

Glasgow. | Simone x ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora