7 - Colpo di scena

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La ragazzina è rimasta sotto la doccia un'ora, che diavolo si deve lavare? Mica ci si è tuffata, in quella fogna! E poi, che diamine, è trasparente già di suo, se si lava un altro po' svanisce

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La ragazzina è rimasta sotto la doccia un'ora, che diavolo si deve lavare? Mica ci si è tuffata, in quella fogna! E poi, che diamine, è trasparente già di suo, se si lava un altro po' svanisce.

Iolanda è nervosa, vorrebbe non aver mai accettato la ricca svizzera in casa sua, ha dovuto spostare i carichi, discutere con il fornitore, non ha ancora trovato un rimpiazzo per il corriere e non ha tempo di farlo adesso che Gustavo le ha ordinato di trattarla bene e di comprarle un trolley. Che diavolo ha che non va, quello che si trova nella sua stanza? Che razza di richiesta è! Un trolley! A quel David ha promesso una libreria, e a sua nipote una valigia? Come sempre alla nord sanno far tornare i conti a proprio vantaggio molto bene: si vendicherà di quello stupido secchione mezzo danese e mezzo tedesco, un altro falso eroe proprio come il padre. E la stessa fine, gli farà fare, se si impiccia degli affari suoi un'altra volta, gli farà fare la fine che ha fatto Armand.

Mentre attraversa il corridoio, la porta del bagno si apre e ne esce la ragazza avvolta in un grosso asciugamano bianco. Ha i capelli che penzolano gocciolanti sulla schiena e l'aria affranta.

Le tocca fare la madre di famiglia pure stavolta, e cerca di farsi venire in mente parole che servono agli adolescenti e che possono essere di consolazione e tutte quelle balle lì, ma non le viene niente. Si limita a fermarla e le cala le mani sulle spalle. Sorride.

Anna abbassa gli occhi.

«E dai» dice Iolanda, «che non è successo niente. Purtroppo, non ho fatto in tempo a spiegarti che le cantine sono infestate dai topi».

La ragazza la fissa corrucciata. «Mi dispiace, zia. Io pensavo di fare una buona azione... io credo che dovreste chiamare l'ACEA.»

Iolanda trattiene con tutte le sue forze una risata e la voglia di dirle quanto è idiota. Così tergiversa e tira fuori un discorso senza senso: «No, ma lì serve la protezione animali, mi sembra, sai per salvare quei poveri topolini dall'elettrospirosi – clambosi – normovellosi o come si dice.»

La ragazza la fissa incolore, talmente inespressiva che a Iolanda servirebbe un dizionario o un chiromante per interpretarla. In ogni caso, piano fallito, la svizzera non s'è espressa, tale e quale al paese da cui proviene.

«Non te li asciughi i capelli?» le tocca due ciocche lunghe e bagnate.

La spinge di nuovo nel bagno e va in cerca del phon, vorrebbe imprecare ad alta voce contro quella cretina di Laura che lo fa sparire sempre, ma si trattiene.

Mentre fruga nel mobile prova a distrarre sua nipote: «Vedrai che domani ti diverti e ti dimentichi tutto, che al quartiere facciamo una grande festa. È Sant'Alessio, il protettore dei poveracci».

Fanno parecchie feste al Quadrilatero, servono per far transitare grossi carichi di coca senza dare nell'occhio.

«E come fate con i confini?» chiede Anna.

NON SIAMO FATTI PER LA PIOGGIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora