3 - Se questo è amore

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"Quando dei vizi la bufera offuscava ogni sentiero, tu m'apparisti, Dea

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"Quando dei vizi la bufera offuscava ogni sentiero, tu m'apparisti, Dea." I suoi occhi scorrono febbrilmente su queste righe, immagina come sarebbe magnifico che nel pieno di un giorno noioso mentre il laudano scorre nella gola e brucia il sangue, la donna più bella al mondo comparisse come una visione celestiale a ridare un senso a ogni sofferenza, a colorare la miseria di una vita priva di prospettiva; leggerebbe I Fiori del Male all'infinito, se potesse, ma la lampada a olio sta sfarfallando, e lentamente perde potenza. Ronza come un insetto che da un momento all'altro finirà a terra esanime. Prima che si spenga, David agguanta la torcia elettrica. La fissa nella sua mano, vorrebbe accenderla per continuare a leggere, ma poi pensa che se la consumerà, non potrà tornare indietro, dovrà passare la notte lì, rischiando di essere scoperto. Così, dopo molti respiri convulsi, e dopo molte imprecazioni contro il vuoto, si arrende e rinuncia a continuare la sua lettura. Proprio quando prende questa amara decisione, la lampada a olio emette due flebili guizzi e muore, piombando il suo corpo supino nell'oscurità. Si mette in piedi, liberandosi della coperta, e con l'aiuto del cellulare riesce a mettere via il libro e gli appunti, puntando la torcia sui suoi movimenti frenetici. Avrebbe dovuto ricaricare la lampada, portare almeno le pile di ricambio, non fa che ripeterlo a sé stesso punendosi per essere stato tanto stolto, mentre assesta lo zaino sulle spalle, si richiude dietro la porta blindata e si accerta di aver calzato le calosce per iniziare la discesa negli inferi.

Lo squittio si avverte a poca distanza.

«Stasera non ne va bene una» sussurra nervoso, «ho dimenticato la mazza in sartoria, e la bombola è scarica» e convinto di essere un idiota, si inoltra nel primo cunicolo domandandosi furente come potrà difendersi, se l'attacco sarà massiccio.

Decide di affrettare il passo, anche se l'effetto della marcia frenetica provocherà nella galleria una eco ripetuta, e sarà più facile attirare i mostri. Col fiato mozzo e lo sguardo fisso al cono di luce che illumina i suoi piedi che sguazzano nella melma, dimentica di alzare la testa e deviare, e si ritrova in un vicolo cieco.

«Ho sbagliato direzione» osserva tra sé, in un fremito di panico.

Deve ritrovare la lucidità necessaria per tornare indietro, o sarà la sua fine. Lo squittio lo insegue funesto, e pare aumentare a ogni tratto. Non lo fa mai, ma stavolta la sua marcia diventa una corsa. Corre, corre più veloce che può fino a che il respiro rallenta insieme al cuore, ha avvistato una via di fuga, s'intravede luce in fondo al tunnel.

Sbuca fuori da una porta secondaria e si accorge di essere in strada, appena fuori dal perimetro. «Questa uscita non l'avevo mai vista» si guarda intorno.

C'è solo una consolazione a quell'oblio forzato: è davanti al suo muro. Per la gente del quartiere, la muraglia non è che una barriera che imprigiona, ma per lui è una tela a cielo aperto. È così arrabbiato che non trattiene l'impulso di sfilare dallo zaino la bomboletta d'acrilico, e si fionda su una porzione di muro completamente scarabocchiata. Quella frase, l'ultima che è riuscito a leggere, non fa che ripetersi nella sua mente, e senza pensarci troppo la sta già scrivendo: quando dei vizi la bufera offuscava ogni sentiero, tu m'apparisti, Dea.

NON SIAMO FATTI PER LA PIOGGIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora