15 - Maschere e ombre

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Ore 18:15

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Ore 18:15

Hanno ascoltato echeggiare tra le mura solide della galleria il rintocco: la festa è iniziata. Così non sarà un problema sbucare fuori insieme, c'è la tregua. Questa consapevolezza concede ad Anna un po' di sollievo, mentre si inoltra lungo un tunnel stretto e umido.

«Credevo che dopo aver attraversato quella porta nel muro» sussurra David, rimasto al suo fianco, «saremmo finiti in una stanza, o una cantina nascosta; invece, qui c'è un altro tunnel da percorrere...»

«Te l'ho detto» replica lei, «questo è un passaggio che conduce a un'uscita. Un passaggio che siamo i primi a percorrere, perché nessuno prima di noi lo ha mai trovato.»

«Non direi proprio.»

Anna si accorge che David sta illuminando qualcosa con la torcia elettrica. Fa un passo indietro e lo raggiunge.

Lungo il muro sono accatastati alcuni oggetti: a terra è disteso un sacco a pelo con accanto una lampada a olio, molto simile a quella che usa David nella sua cantina; alcuni libri impilati; un fornelletto da campo con accanto i resti di una cena a base di scatolette di fagioli e di ceci e tonno. Man mano che il cono di luce scorre nell'oscurità inquadra anche un cavatappi, due lattine d'olio per motori, una tanichetta di benzina. Quando lui si avvicina, non può far a meno di esclamare: «Qui ci vive qualcuno.»

Anna lo imita e punta la sua torcia altrove: «Ma questo non è possibile» e subito nota che appese alla parete di pietra ci sono delle fotografie Polaroid attaccate col nastro isolante.

David le arriva accanto: «Beh, te l'ho detto che ci sono dei reietti che hanno occupato i tunnel meno conosciuti, no? Esiliati da Gustavo, barboni o... criminali che si nascondono.»

Poi si accorge che Anna non reagisce più.

Le posa una mano sulla spalla: «Anna Frey? Che ti prende?»

Quando vede gli occhi di lei fissati su un punto in particolare, David orienta la torca e rivolge lo sguardo al muro. In quel momento anche il suo respiro si spezza.

Eppure, stanno osservando due foto diverse. Quella che guarda lui sconvolto, mostra un ragazzino con i calzettoni bianchi inforcare una bicicletta azzurra e salutare nell'obbiettivo.

«Cazzo! Non ci credo!» sussurra lui sconvolto. «Ma questo... questo sono io. Qui avevo... non lo so, avevo tipo nove anni.»

Anna non controlla la preoccupazione: non le piace che i suoi calcoli vengano scombinati dagli imprevisti.

Smette di essere razionale non appena David esclama agghiacciato: «Papà! Qui sotto c'è mio padre!»

Se solo David si fosse accorto che la terza foto a destra, là in fondo, immortala lei da bambina: alle sue spalle il monte Brè, sulla testa un fiocco rosa, lo stesso che le metteva sua madre quando la portava al parco, e sullo sfondo il lago Ceresio.

NON SIAMO FATTI PER LA PIOGGIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora