5 - Una missione pericolosa

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Il negozio è avvolto dalla semioscurità di un primo pomeriggio assolato che la serranda rilascia per metà, è semichiusa per evitare visitatori durante l'orario di riposo, quando la gente pranza, la gente normale

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Il negozio è avvolto dalla semioscurità di un primo pomeriggio assolato che la serranda rilascia per metà, è semichiusa per evitare visitatori durante l'orario di riposo, quando la gente pranza, la gente normale. Sua madre sta seduta al solito posto, con le mani alla macchina da cucire che spara punti all'impazzata e sembra una marcia frenetica e fa un rumore del diavolo, e la stoffa si muove rapidamente sotto ai colpi sparati, e quando scappa fuori dal piano è pronta per essere imbottita di coca, e poi ricucita.

Si rivolge a lui restando di spalle, sa che David è arrivato, lo ha sentito entrare.

«Che fai, mi fissi? Vieni qui.»

David posa a terra la bombola scarica e si avvicina al trambusto della cucitrice elettrica, ma appena arriva di fianco a lei, la marcia smette.

«David, devi dirmi una cosa, e voglio che tu sia sincero.»

Non è un buon inizio.

«Lo sono sempre, mamma.»

Lei si volta a osservarlo e ha un'espressione severa. «Si può sapere cosa vai a fare ogni giorno nei tunnel?»

David sospira seccato. «Lo sai, ci vado a studiare.»

Tina osserva la tuta gialla che indossa, e oltre la sua spalla, la bombola della fiamma ossidrica, e sbuffa sonora. «Ti ho chiesto la verità.»

David ha un sussulto ma lo nasconde.

Lei riprende: «Ieri ci hai passato il pomeriggio, e non eri nell'alcova a leggere, perché la puzza dei ratti arrostiti si sentiva fino al sottoscala. Oggi ci sei ritornato. Insomma, cosa fai lì sotto? Vuoi arrostire tutti i ratti delle fogne, stai cercando di vincere una gara?» ora affina lo sguardo e si fa allusiva, «oppure aspetti qualcuno?».

Stavolta David si irrigidisce, ed è più difficile nasconderlo.

Sarebbe facile dirle che è un informatore della polizia e che spesso va lì sotto per incontrare agenti in incognito. Gli basterebbe confessare, per finire come suo padre. La verità è che lei allude a qualcos'altro: non le verrebbe mai in mente che lui sia la talpa.

«A cosa pensi, mamma? Secondo te, che vado a fare lì sotto?» la provoca.

Tina si mette in piedi e gli prende la mano. «Tesoro, dimenticalo. Tuo padre è morto. Capito? Non è lì sotto, è morto due anni fa.»

«Ancora, con questa storia?» ringhia.

Una volta per tutte vorrebbe confermare i sospetti di sua madre, sarebbe il modo più rapido per non farsi beccare a fare la spia per l'antidroga. Tuttavia, non ha intenzione di ammettere che da oltre un anno sta davvero cercando suo padre, perché è convinto che sia ancora vivo e che si nasconda nei tunnel. Così non ha scelta, deve mentire, anche se è una cosa che non fa mai.

NON SIAMO FATTI PER LA PIOGGIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora