16 - La lunga notte (ATTO PRIMO)

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H 19:45

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David non la sta inseguendo, l'ha lasciata correre via e lei pensa di sapere perché lo stia facendo, e perché l'abbia volutamente provocata: vuole salvarla.

Nella corsa, poco a poco i suoi passi rallentano, e senza capire come, Anna si ritrova in mezzo a una folla che balla e che sventola in alto merce da vendere, tra un banco e l'altro. Nell'aria avverte un tremendo odore di carne arrostita misto alle urla di venditori e di cantanti improvvisati che si alternano sul palcoscenico davanti alla fontana che oggi non fa da spartiacque tra nord e sud, ora le persone sembrano unite, mischiate al punto da farla sentire ancora più in trappola.

Si osserva nel fiatone, e si rende conto di non poter tornare al banco dei dolci conciata così, ha tutta l'aria di provenire dai tunnel, e le è stato severamente vietato tornarci. Per evitare di dare spiegazioni, si fionda verso il suo portone, nella speranza di non incontrare nessun Carazzoli pronto ad ammonirla per essere sparita due ore, e con l'intento di raggiungere la sua stanza e dei vestiti puliti. E mentre affretta il passo, spinta da gomitate e da spallate di gente che al Quadrilatero non aveva mai visto così numerosa, è sicura di aver sentito dietro di sé la voce di David, che sta chiamando il suo nome. Non le importa, non si ferma, non si volta a cercarlo nella folla, mentre dal palco arrivano stonate le note di una ballata napoletana e le risate sguaiate di donne vestite con colori sgargianti, come fossero al circo, o in maschera. Il cuore le fa male. Vuole solo sparire, evaporare, dimenticare la sua cattiveria. Forse David la sta salvando, ma farlo ferendola non le risparmia il dolore.

Corre su per le scale fino a raggiungere il quinto piano, e prima di entrare, nasconde la mazza da baseball dietro al portaombrelli dorato dell'appartamento di fronte a quello dei Carazzoli. Non può far nulla per il fango, e cerca una scusa mentre suona al campanello.

Rosario si affaccia e la scruta accigliato.

«Da dove arrivi?» le domanda subito.

Anna è sollevata di essersi imbattuta in Rosario: è meno torbido di Luca, meno ficcanaso di Laura e meno crudele di Iolanda.

Gli sfila davanti oltrepassandolo a passo svelto e, dal corridoio dice: «Sono caduta in una pozzanghera, ti pare possibile? Mio Dio, dovrò cambiarmi subito, o mi perderò il karaoke» e si chiude dentro, sperando di averlo ingannato.

Si siede sul letto a riprendere fiato, e china il volto fino alle ginocchia. Fissa le sue mani unite che si stringono in un pugno, e le tornano in mente le note di quella canzone che le cantava sempre suo papà: You are so beautiful... to me...

Avrebbe bisogno di affogare in una doccia, ma non ne ha il tempo, così sfila la maglia e i jeans con due mosse rapide, e li lascia precipitare per terra, ha smesso di essere svizzera anche con le sue cose, qui l'ordine non interessa a nessuno, qui ogni cosa è concepita in senso antiorario, come gli incastri del suo cubo, come i passaggi dei tunnel sotterranei, qui ognuno fa il contrario di ciò che sarebbe giusto fare. E per stare al passo, bisogna adattarsi a un controtempo.

NON SIAMO FATTI PER LA PIOGGIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora