Storia della Filosofia - I Sofisti: Gorgia e Protagora

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A partire dalla metà del V secolo, in Grecia, si diffonde la figura del sofista, termine che letteralmente significa "colui che fa professione del proprio sapere", presentandosi come possessore di un sapere particolare che permette di eccellere nella vita pubblica e privata, e come maestro di virtù (in greco ἀρετή - aretè). 

Con la figura del sofista nasce, dunque, la figura dell'insegnante.

Protagora, il più famoso dei sofisti, nasce intorno al 480 a.C. ad Abdera, città della Tracia. La sua tesi più famosa è quella secondo la quale "l'uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono". Col termine "uomo", tuttavia, Protagora non intende tutto il genere umano, ma solo il singolo individuo. Ogni cosa, pertanto, è relativa, a seconda di come appare a chi la percepisce. Infatti, a proposito della divinità, Protagora afferma "Riguardo agli dei non ho la possibilità di accertare né che sono né che non sono, opponendosi a ciò molte cose: l'oscurità dell'argomento e la brevità della vita umana", ovvero, poiché degli dei non si ha alcuna esperienza sensibile, non è possibile affermare nulla su di loro, poiché l'uomo non può essere in alcun modo misura di quello che non riesce a percepire.

Lo stesso criterio di verità è valido anche al livello etico. 

Ma allora, come può il sofista presentarsi come maestro? Come può farsi pagare per dispensare un sapere puramente soggettivo? 

Protagora paragona il mestiere del sofista a quello del medico, distinguendo l'utile al dannoso, curando quindi lo stato di malattia mentale che fa percepire come utili le cose che in realtà non lo sono, sia sul piano dell'individuo, sia sul piano della città. Assume, in questo modo, notevole importanza il linguaggio, che cessa di essere un semplice strumento comunicativo e diventa esso stesso oggetto d'indagine e d'insegnamento.

 Assume, in questo modo, notevole importanza il linguaggio, che cessa di essere un semplice strumento comunicativo e diventa esso stesso oggetto d'indagine e d'insegnamento

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Anche Gorgia nasce intorno al 480 a.C., a Leontini, l'odierna Lentini, in provincia di Siracusa.

Le sue tre tesi principali, esposte nello scritto "Sul non essere", sono fondamentali per comprendere la sua filosofia.

Esse sono molto semplici:

1) l'essere non è; 2) se anche fosse, non sarebbe conoscibile; 3) se anche fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile. 

L'essere non è perché se fosse non dovrebbe essere contraddittorio, invece l'essere non è né uno né molti, né generato né ingenerato, è troppo contraddittorio per esistere. Partendo dall'assunto che se A non è in relazione con B, allora nemmeno B è in relazione con A, Gorgia afferma che, siccome il nostro pensiero ha un suo campo d'azione non in relazione con la realtà (posso pensare anche cose che non esistono), allora la realtà non ha nulla a che vedere col nostro pensiero, è pertanto impossibile pensare alla realtà, poiché pensiero e realtà sono due cose distinte. 

A sostegno di questa tesi egli asserisce un altro assunto: noi vediamo una cosa e sappiamo che esiste anche senza sentirla, così come sentiamo un suono e non abbiamo bisogno di conferme visive o tattili per affermare che quel suono esiste. Allo stesso modo, se pensiamo una cosa e poniamo il pensiero sullo stesso piano dei sensi, per quanto riguarda il percepire la realtà, dovremmo accettare che quello che pensiamo esiste a priori, cioè a prescindere dal fatto che i sensi lo confermino, ma questo significherebbe ritenere esistenti esseri come il drago o la chimera, e questo è assurdo. Proprio per questo stesso motivo, l'essere, se anche fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile, poiché il contenuto del mio pensiero non è completamente comunicabile: io posso dire blu e avere in mente un colore, tu puoi avere in mente un colore simile (per convenzione) ma leggermente diverso, dunque, quello che arriva a te non è un pensiero, ma puramente un suono.

Tesi ripresa, più di quattordici secoli dopo, da Pirandello. "Crediamo di intenderci, non ci intendiamo mai!", scrive il conterraneo del nostro filosofo in Sei personaggi in cerca di autore (1921).

Con Gorgia siamo di fronte alla prima teorizzazione dell'impossibilità di conoscere alcunché in maniera oggettiva. Si è spesso dibattuto, anche, se Gorgia fosse il primo nichilista della storia.

Per Gorgia, il logos, la parola, può tutto. Così, il fine del linguaggio non è quello di enunciare e trasmettere delle conoscenze, ma quello di persuadere. Da questo interesse per la parola, nascerà quella che viene definita eristica, ossia quella pratica che consiste nel controbattere qualsiasi affermazione dell'avversario sfruttando non tanto i concetti espressi, quanto piuttosto le ambiguità della comunicazione stessa.

 Da questo interesse per la parola, nascerà quella che viene definita eristica, ossia quella pratica che consiste nel controbattere qualsiasi affermazione dell'avversario sfruttando non tanto i concetti espressi, quanto piuttosto le ambiguità dell...

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