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«Come vi avevo accennato la scorsa volta, oggi ci sarà un nuovo compagno.»
Il professore di piano mi guarda sorridendo, sembra stia parlando solo con me e io amo tutto ciò.

La porta si apre e un ragazzo con l'aspetto conosciuto sorride alla classe.

Ha una giacca di pelle sopra a dei jeans molto larghi, quasi hippie.
Capelli ricci, occhi verdi, labbra sottili e rosse, carnagione più o meno abbronzata, alto, molto alto e mani piene di anelli.

Spalanco gli occhi quando mi rendo conto che ha un viso conosciuto perché, effettivamente, lo conosco. È lui quel riccio alto di ieri sera a casa mia, l'amico di mio fratello a cui, come gli altri, non ho dato occasione di presentarsi.

«Buongiorno, io sono Harold, mi potete chiamare anche Harry. Suono pianoforte dall'età di cinque anni, volevo provare una nuova esperienza, dato che suonare è bello, ma ancora di più se si è in compagna.» sorride.

«Prendi posto dove vuoi, Harold.» il professore gli sorride.

Prende posto vicino al mio banco.
Mi saluta con la mano, «Ciao, Alice.».

Mi giro verso il professore che mi guarda confuso, senza ricambiare il saluto del mio compagno di classe.

***

La campanella suona, purtroppo. La voglia di uscire da questa classe è sotto lo zero ogni volta che le lezioni finiscono.

Saluto il professor Albert e me ne esco dalla classe.

Mentre cammino per il corridoio, qualcuno mi strattona il braccio ferito.

Io mi giro velocemente, togliendo la mano di chiunque egli fosse dai miei tagli, che ora bruciano per il contatto.

«Ma che fai?! Sei impazzito?!» la mia faccia è ora contro quella di Harold.

«Ehi, calmati, cosa c'è? Siamo nervose anche oggi?» sghignazza

«Tu sei quel solito stronzo che percula le ragazze, vero? Beh, sta alla larga da me, Haroldo.» faccio per andarmene ma lui mi blocca mettendosimi avanti.

Mi sto innervosendo, maltrattando le pellicine della mia mano destra conserta al mio petto con quella sinistra.

«Sei tosta, Alice. E comunque è Harold.»

«Ti sposti?»

Incrocia anche lui le braccia al petto con aria di sfida.

«Per favore, ti sposti?»

Rimane impassibile e questa cosa mi urta, così ritorno sui miei passi per uscire dall'uscita dietro la scuola.

Vado a sbattere contro un petto, il suo petto. Gli arrivo a poco più sotto del mento, quasi mi sento una nana da giardino al confronto con la sua imponente altezza.

Il suo indice si posa sotto al mio mento facendomi alzare la testa e incontrare i suoi occhi.

«Ti voglio.» la sua voce sembra profonda, proprio di uno che si è appena fatto strisce in abbondanza.

«Non so quale strana idea tu ti sia fatto, ma è molto strana come te, quindi per favore torna a sniffare e non farti vedere più.» mi allontano perplessa e riesco ad uscire dall'istituto dall'uscita principale.


Il telefono mi squilla, il nome di mio fratello appare sul display.

-No, non voglio che tu mi venga a prendere-

-Sono già avanti scuola-

-E io già avanti al semaforo-

Chiudo la chiamata e imposto il 'non disturbare', così che nessun altro possa chiamarmi e possa disturbarmi mentre ascolto la musica.

Mio fratello ha preso questa cosa come un gioco, pensa che io ce l'abbia con lui, pensa che io lo faccia di proposito, pensa che io stia scherzando e si sta sbagliando di grosso.

E non lo faccio per cattiveria, ma mi va di stare lontana da tutti, per non rimanere delusa ancora una volta.

«sei tutto per me, Alrimbombavano nelle mie orecchie, ma per fortuna, prima che potessi fare qualcosa di brutto presa dalla rabbia, arrivo a casa.

Apro la porta e non trovo nessuno.
Finalmente sola soletta a casa, finalmente un po' di tempo per stare con me stessa e suonare.

Mi affretto a salire le scale prima che qualcuno possa interrompermi e non ci penso due volte a sedermi sullo sgabello avanti alla mia pianola e spingere le dita sui tasti a ritmo di yellow.
La mia canzone preferita.
La nostra canzone.

«look at the stars, look how they shine for you and the things you do» guardavo l'immagine di mia madre appoggiata sulla scatola sopra allo strumento. Sembra che mi stia guardando con il suo bellissimo sorriso, sembra che mi stia sorridendo, sembrava che stia cantando insieme a me. Non sono brava a cantare, il mio forte è suonare, ma in questo momento non me ne frega nulla, urlando e cantando sul ritornello, alzando la voce agli acuti, belli o non belli che siano.

I don't need you || HS IN REVISIONE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora