«Qual è il tuo sogno più grande?» Harry ha le mani attorno al volante, spostando ogni tanto la sua destra per cambiare le marce.Il mio sguardo rivolto verso il finestrino è concentrato sugli alberi che scorrono veloci alla mia vista mentre la macchina cammina.
«Ti interessa tanto?» rivolgo lo sguardo verso di lui ora, che lo gira a sua volta per un nano secondo per poi riconcentrarsi sulla strada. «Il mio è quello di essere amato, oltre che diventare cantante.» ignorando la mia domanda, risponde facendomi aggrottare le sopracciglia. «Pensavo ti piacesse il piano.» svolta a destra, cambiando per l'ennesima volta la marcia «Oh, si mi piace infatti. Ma ho sempre avuto il sogno di diventare cantante, sai, tutte quelle cose che fanno mi piacciono: andare in tour, parlare con le fan, viaggiare per il mondo con le persone che ami. Mi sarebbe sempre piaciuto fare cose del genere.» e così Harry ha un sogno nel cassetto.
«Mi sarebbe piaciuto anche essere amato, abbiamo bisogno di essere amati per sentirci davvero felici. È una bella sensazione, sai?» la strada sembra non finire mai, così prendo la bottiglia d'acqua in borsa e vi bevo un sorso, «È una bella sensazione se si è amati davvero.» lo correggo, «E almeno tu lo sei stato.» faccio spallucce mentre la mia bocca si posa sull'estremità della bottiglia.
«No, ti sbagli. Presumo sia una bella sensazione da come si guardavano mio padre e mia madre prima, io personalmente non ne so niente.» esterrefatta dalle mie stesse azioni, porgo la bottiglia d'acqua ad Harry al mio lato. Lui mi guarda, poi apre la bocca e si sporge un po' più verso di me rimanendo con lo sguardo sulla strada e con le mani sul volante, «Non ti farò bere io.» alzo gli occhi al cielo e riposo la bottiglia nella borsa.
Dopo uno sbuffo di Harry, riprendo a parlare, «Quindi i tuoi sono divorziati?» e mentre lo osservo, noto i suoi tre anelli alle sue dita della mano sinistra e altri tre anelli alla mano destra. Sulla mano vi è una croce, non so cosa e quanto significhi, ma gli sta bene. Una piccola risata fa comparire ai lati delle sue labbra delle grandi fossette, «Magari.»«Magari?»
«Mio padre è morto tantissimo tempo fa, ora mia madre è vedova. Lo avrei preferito maggiormente, il divorzio.»serra la mascella mentre ne parla, facendomi rimanere un attimo destabilizzata. «M-mi dispiace.» la mia mano incontrollata si posa sulla sua sul cambio marcia, che lui sposta mettendovi la mia sotto, così da farmi cambiare le marce insieme a lui.
Il suo calore mi mette in soggezione, lui non sembra minimamente urtato dall'argomento, «Ormai l'ho superato, bisogna superare queste cose.»
mi accarezza la pelle della mano sotto la sua, cambiando marcia per fare retromarcia nel parcheggio. Siamo arrivati in ospedale e sono le 23.15.Levo la mano dalla marcia quando lui leva la sua, seguendolo a ruota scendendo dalla macchina e sbattendo lo sportello.
Mentre camminiamo nell'ospedale per raggiungere la 13B, una spalla si urta contro la mia facendomi girare e facendo girare così anche Harry.
«Ma dove cazzo guardi! Porca troia!» un ragazzo con occhi verdi, riccio, capelli lunghi e bandana nera in testa mi urla contro. Senza lasciarmi ribattere, Harry lo prende per la canottiera nera «Euforico oggi? Cosa c'è, non sei riuscito a portarti al letto la fidanzatina?!» lo spinge contro il muro violentemente facendomi sussultare verso di lui. «Harry lascialo.» le mie braccia si avvolgono alla sua vita, stringendolo e facendo forza per staccare il suo corpo da quello del ragazzo.
«Porca puttana, tu sei malato!» riprende a respirare una volta che Harry si stacca da lui, le mie braccia lo stringono, nell'invano tentativo di calmarlo. Ora una rissa è l'ultima cosa che voglio.«Te lo faccio vedere io come sono malato se non ti moderi!» urla mentre il riccio corre verso la segreteria all'entrata.
Lo guardo, poi cerca di darmi un bacio sulla fronte ma io mi scanso «Stai bene?»
«Lo sarò quando vedrò mio fratello, non preoccuparti per quel ragazzo.» gli accarezzo il braccio e mi rimetto in cammino verso la stanza.
Nel corridoio, oltre a sentire il tichettio degli stivali di Harry e delle mie converse che sbattono con il pavimento rivestito in bianco, come le pareti, sento anche le grida del riccio con la bandana, che rimbombano nella mia testa senza sosta.
-È mezzanotte quando io e Harry usciamo dall'ospedale risalendo in macchina.
«Se sei stanca sdraia lo schienale del sedile.» mi giro verso di lui, guardandolo nella stessa identica posizione di prima che entrassimo nell'enorme edificio.Non ho sonno, non sono stanca.
«Parliamo.» quelle parole straniscono anche me così come Harry, che si gira guardandomi per un minuto e, ridendo, si rigira verso la strada buia, illuminata solo dai fari della macchina. «Parliamo di cosa?» le sue mani cambiano la marcia.«Di qualsiasi cosa.»
«Cosa ti piace fare nel tempo libero, oltre che suonare il piano forte?»
Ci penso su un attimo. Cosa mi piace fare? Di sicuro leggere i libri, fare fotografie, ascoltare la musica, cantare - anche se con scarsi risultati. «Mi piace leggere, poi anche fotografare.» sospiro chiudendo gli occhi e mettendo le braccia conserte sul mio petto, «A te?» li riapro.
«Viaggiare, scoprire nuove cose, guardare film e.. cantare.»
Il silenzio cala nella macchina, silenzio che poco più di cinque minuti viene interrotto da un'altra domanda di Harry.
«Sei all'ultimo anno di Liceo, giusto?»
«Si.»
«E andrai al college l'anno prossimo?»
«Si, andrò ad un college poco distante da Londra, se mi prenderanno alla maturità.»
Il silenzio cala una volta ancora all'interno della macchina, facendo udire solo il continuo rumore delle frecce.
«Penso che sceglierò anche un corso di fotografia.» questa volta sono io ad interrompere il silenzio «Tu, invece?»
«Io penso che dopo vedrò qualcosa per raggiungere i miei sogni, magari pubblicherò qualcosa di mio, scritto da me.» fa spallucce e una domanda mi sorge spontanea: «Scrivi canzoni?»
annuisce, «Ma non le faccio vedere a nessuno.» aggiunge dopo, «Nemmeno alla mia sorellina.»«La tua sorellina?»
«Mia madre due anni fa si sentiva con un certo Burry, con quel burry durò letteralmente un anno e in quell'anno fecero Stephanie . Poi si lasciarono, le cose non funzionavano, ma rimasero in buoni rapporti. Ovviamente Stephanie restò con mia madre, ogni tanto però trova anche suo padre.»
«Mi dispiace per la piccola a cui non fai sentire canzoni, allora.» scoppia a ridere e io accenno solo un piccolo sorrisino che lui non nota.
Si schiarisce la gola, poi cambia argomento, «C'è qualcosa tra te e Louis?» a quella domanda sbarro gli occhi, mentre lui svolta a destra e riconosco il viale che porta a casa mia.
«Amici.» dico soltanto.
La macchina si ferma, così saluto Harry con un bacio sulla guancia «Grazie mille per oggi in ospedale.»
Accenna ad un sorriso grattandosi la testa, poi scendo dalla macchina sbattendo lo sportello ed entro in casa.
Mio padre non è ancora tornato, ciò significa che sono l'unica a starvi. Mi tolgo le scarpe e il mio sguardo si sposta sull'orologio attaccato alla parete: sono passati quindici minuti da quando io e Harry siamo usciti dall'ospedale, quindi quindici minuti che abbiamo parlato di noi. Trenta minuti di dialogo, se contiamo anche l'andata.
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I don't need you || HS IN REVISIONE
Fiksi Penggemar"Non me ne fotte un cazzo di te, Al." Le sue urla riecheggiano nella stanza vuota facendo eco. I miei occhi chiusi, spalle contro il muro e petto contro al suo petto. Aspettavo l'ennesimo schiaffo, che si fece aspettare rispetto agli altri datimi r...