2. Il kimono di seta

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Capita nella vita di vivere situazioni in prima persona senza renderci conto subito della loro importanza. Sono piccoli momenti che durano un attimo ma che restano impressi nella nostra memoria. Se dovessimo pensare a cosa abbiamo mangiato la scorsa settimana o alla prima domanda nel test di patente, probabilmente non ricorderemmo nessuna delle due cose.

Però poi ci sono quei momenti.

Il cervello si ferma un attimo, il respiro rallenta, il cuore diventa più pesante. L'immagine entra nei nostri occhi con prepotenza, si catapulta all'interno dei nostri pensieri e viene incisa come un bassorilievo. Lo possiamo toccare ogni volta che ne sentiamo la necessità, lo possiamo osservare mentre la nostra vita continua. Il tempo di un battito di ciglia e il respiro torna regolare, i suoni rincasano nelle nostre orecchie mentre il cuore riprende la sua corsa.

Simone visse uno di quei momenti in un'aula bianca, spoglia, circondato da estranei, quando la persona in accappatoio seduta a qualche metro da lui lo guardò dritto negli occhi. Simone non avrebbe capito subito l'importanza di quel momento. Si sentì strano, imbarazzato, nudo di fronte quegli occhi. Ma lasciò fuggire via quell'istante ignaro di tutto. Non sapeva che nella sua mente un bassorilievo con i loro sguardi era stato già inciso.

-Non imbarazzatevi ragazzi, ma il modello deve essere nudo per osservare i suoi muscoli. Voi dovrete studiarne l'anatomia, il gioco della luce sulla pelle. Al momento è come se fosse un manichino. Dunque, non esitate, dovete osservarlo, studiarlo, voglio che scoviate dentro di lui e dentro di voi. Vai, Manuel...-.

Con un gesto della mano il professore fece capire al ragazzo di dover slacciare l'accappatoio. I suoi movimenti erano lenti, ponderati. Simone non riusciva a distogliere il suo sguardo. Le mani piccole e delicate tirarono i due lembi del cinturino di seta che teneva chiuso il kimono.

Seta.

Quel dettaglio così irrilevante sembrò a Simone fondamentale, mentre con sguardo fisso sulle sue mani pensava a quale potesse essere la sensazione che stesse vivendo quel ragazzo.

Si sentirà in imbarazzo? Pensò ripassandosi tra le mani la matita coperta del suo sudore. Quando calò il leggero kimono che copriva il suo corpo la risposta fu evidente. Le braccia del ragazzo portate indietro fecero scivolare rapidamente quel tessuto leggerissimo che calò sullo sgabello come un velo d'aria. Manuel portò una gamba sull'altra e, forse seguendo le istruzioni del professore, portò tutto il suo peso all'indietro, poggiandosi con le manu sull'orlo dello sgabello. La schiena era inarcata, il petto in mostra, il capo leggermente chino all'indietro.

Una volta assunta la posizione giusta, aprì gli occhi che attraversarono quelli di Simone con determinazione. Il ragazzo sentì il battito del suo cuore fin nelle tempie. Imbarazzato, abbassò lo sguardo, sentendo ancora i suoi occhi gelidi che lo scrutavano.

-Forza, prendete le matite- esclamò risoluto l'insegnante.
Simone sollevò il braccio stringendo saldamente la matita tra le sue dita. La accostò dolcemente al cartoncino vuoto di fronte a lui. Tornò poi ad osservare Manuel, quello strano ragazzo dagli occhi gelidi. Il suo sguardo non si era mosso di un millimetro. Simone per un attimo pensò che fosse di pietra.

Rivide la scena di qualche ora prima, quando lo aveva aggredito e rapido se ne era andato via.

Ora non sembrava possibile che fosse lo stesso ragazzo seduto su quello sgabello. Non si percepiva nemmeno il suo respiro. Simone lo osservò attentamente. Era molto esile. Sembrava piccolissimo su quella seduta, ma la postura sicura, il modo in cui da sotto i capelli posava lo sguardo deciso lo intimorivano.

La mano prese a muoversi da sola. Simone non sentiva più niente oltre il suono della grafite sul foglio. Quel suono era per lui come una melodia. Il movimento sicuro del braccio era una leggera danza. Con un sopracciglio alzato non perdeva d'occhio nemmeno un millimetro del corpo. I suoi occhi lo toccavano senza timore. Più volte indugiò sul viso, scoprendolo sempre attento a lui. Il professore aveva abbassato le luci dell'aula, così che il fascio di sole che entrava dalla finestra sulla sinistra lo illuminava da un lato scolpendo i suoi lineamenti. La mano del ragazzo continuava a vagare sul foglio, danzava a ritmo di una musica interna.

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