11. Partita

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Il fischio dell'arbitro mi fa saltare dalla seggiola degli spalti mentre Vittoria al mio fianco ridacchia divertita dalla mia reazione.

Io odio il calcio.

Cerco di ricordarmi il motivo per il quale sto passando il venerdì pomeriggio a guardare dei ragazzi in calzoncini rincorrere una palla gialla avanti e indietro sudando come non mai e urlandosi contro parole non certo riportabili qui e ora, dato che preferirei mille volte essere a casa a leggere un libro visto le nuvole grigie che fanno presumere un bel temporale, ma i miei doveri di cupido mi costringono a congelarmi il sedere su questa sedia di plastica assolutamente scomoda.

Mi sporgo dunque a guardare l'ingresso del campo da calcio, per verificare di aver almeno dato senso al mio pomeriggio, ma di lei non c'è traccia.

E manca solo un quarto d'ora alla fine della partita.

«Stai tranquilla, verrà» cerca di calmarmi Vittoria intuendo i miei pensieri.

Alla fine avevo accettato, seppur molto riluttante, il cosiddetto piano di Vic, perché anche se Michele aveva deciso di venire in gita, e non riuscivo ancora a spiegarmene il perché, era pur vero che non si erano mai davvero parlati oltre un insignificante saluto di circostanza quella sera al Barracuda, e ritenevo fosse una buona idea rompere il ghiaccio in questo modo.

Vittoria aveva chiesto a Rebecca di venire a vedere la partita con noi insieme alla sua amica Teresa, e lei aveva accettato entusiasta all'idea di vedere Alessandro sudato e puzzolente come un montone.

Sinceramente non ci vedo tutta questa meraviglia, non siamo mica nei film dove i ragazzi si versano le bottigliette d'acqua addosso per apparire belli e muscolosi  (anche perché fa un freddo cane e sarebbe molto stupido) ma a quanto pare a molte non interessa.

Quando sono arrivata infatti non ho potuto fare a meno di notare quante ragazze sono presenti, quando pensavo che saremmo state le uniche.

A quanto pare mi sbagliavo.

C'è un gruppetto di loro in particolare, proprio alle mie spalle e sicuramente della mia scuola dato i visi familiari, che non ha smesso di urlare versi di apprezzamento e incitazione ai miei compagni di scuola soprattutto, e che sorpresa, ad Alessandro.

E a Michele.

Ma sto cercando di evitare la sua figura quindi facciamo finta che non esista.

«Sei sicura?» chiedo a Vittoria stringendomi nel piumino in cerca di calore.

Mi volto a guardarla e vedo che sta fissando intensamente lo schermo del cellulare.

«Mi ha mandato un messaggio cinque minuti fa per dirmi che sta arrivando» mi conferma, ma la sua voce sembra quasi assente come se stesse pensando ad altro.

Mi avvicino e sbirciando oltre la sua spalla noto che sta guardando la chat con Marco senza però scrivere nulla.

«Tutto bene?» Le chiedo.

Nel frattempo la partita continua indisturbata e così le ragazze dietro di noi che mi stanno facendo venire il mal di testa.

Devo resistere solo un altro quarto d'ora.

Ce la puoi fare Amanda, non perdere la pazienza.

«Mh-mh» mugugna continuando a fissare lo schermo come se dovesse spuntare qualcosa da un momento all'altro.

«Vic, ci conosciamo da quando avevamo ancora i denti da latte, possiamo evitare la parte in cui insisto per estorcerti cosa succede?»

Con un sospiro blocca finalmente il cellulare e lo ripone nella tasca dei jeans.

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