The Love You Give

Underdogs

ogni rivoluzione
comincia e finisce
con le labbra di lui

Jungkook non l'ha mai visto, il cuore di Taehyung. Ne riconosce il battito, canta come il mare dentro alle conchiglie. Vorrebbe poggiarci l'orecchio, riascoltare l'eco delle loro vite insieme.

Vorrebbe toccarlo. Dentro alla camicia, nei pantaloni. Vorrebbe scivolargli nelle mutande e leccare, aprirgli il culo come una pesca. Vorrebbe dirgli sono io, amore mio, non ti vergognare; fammi entrare.

Se potesse si getterebbe ai suoi piedi, nudo come un cristo, davanti alla gente implorerebbe prendimi, sono tuo, dillo a tutti che sono tuo, che sono nato per te e vivo per te e se vuoi morirò per te e certamente è quello che vuoi visto che mi stai uccidendo.

Ma non può. Taehyung non lo permetterebbe; direbbe noi non siamo così, e allora Jungkook domanderebbe come siamo, perché io non so essere nient'altro, non so fare altro che pensare a te, bramare te, volermi infilare in te come un sogno sporco, voglio sudarti addosso e sentirti nella mia bocca e venire nella tua bocca e voglio sapere che sono la malattia e la cura, che non vuoi guarire.

Taehyung gli da le spalle, la nuca chinata di chi aspetta la scure, ma in quell'anfratto di carne Jungkook vorrebbe farci il nido, vivrò in mezzo alle tue ossa ma non preoccuparti, non darò fastidio, e se ogni tanto sentirai un pizzicore perdonami, sono fatto di peccati che non posso redimere.

Poi, come sentendosi chiamare, come percependo il doloroso desiderio dell'altro pulsargli tra le gambe, Taehyung si volta, e in un attimo è pelle ovunque; tenera in mezzo alle cosce, costellata di cicatrici. Jungkook la conosce, è la mappa della sua vita, gli viene duro solo a pensarci. Gli ha strappato via le croste da ragazzini e il pudore da uomini, gli basta annusarla per sentirsi arrapato. La ama, gli appartiene, è pelle sua. Mi piacciono i tuoi spigoli e i tuoi tornanti e la curva del tuo gomito e nel tuo ombelico vorrei nascondermi per sempre, mi piaci e non posso farci niente, non so cambiarlo, non voglio.

Lei lo sta toccando. Dall'altra parte della stanza, sulle note di un disco trascinato, Ara accarezza Taehyung. Lui bianco come un morto, lei scalza, le mani a impastargli i capelli, a sprimacciargli le guance.

Vorrebbe essere lui. Darebbe qualsiasi ma non ha più niente, Jungkook, il suo cuore è in bancarotta. Allora chiude gli occhi, cerca un ricordo cementato dal sale. La voce di Taehyung lo investe, è risacca e frangente, ti amo come l'orizzonte il mare. Avrebbe dovuto saperlo, Jungkook, l'orizzonte è un'illusione. Adesso lo sa.

Deve andarsene. Cercherà aiuto, un medico o forse uno stregone, qualcuno capace di estrarglielo dalle costole. Improvvisamente, però, Ara schiude le dita e Taehyung piange, smotta come la terra quando fa i capricci, come l'apocalisse. E quando trema a quel modo, con tutte le sue soffici membra, Jungkook s'innamora di più.

«Stai bene?» domanda.

È arrivato di corsa, nemmeno sa come. Si guarda i piedi, giura di tagliarseli, cosa cazzo vi è preso. Ha raggiunto Taehyung in un istante e nemmeno se n'è accorto, più sconfitti di così c'è solo da farsi seppellire. Ara si volta per prima, uno stelo di girasole. Gli rivolge un sorriso fragoroso, si accomoda tra le pieghe del suo cuore sgualcito.

«Eccoti» sussurra, e davvero lui potrebbe morire d'imbarazzo per quello che ha fatto; così inopportuno, così inguaribilmente frocio, ma lei non sembra sorpresa. È Taehyung, quello stravolto. Lo stupore gli ha rificcato negli occhi le lacrime, a malapena respira. Si guarda la spalla e Jungkook se ne accorge, è sua la mano che l'ha cercato, preteso, afferrato. Gli affonda nella camicia con insolenza, come chi sa precisamente dove toccare. È più forte di lui, lo è sempre stato. Jungkook è un cannone zeppo di fiori, a sparare non è buono, non è capace, e scusa se tutto quello che ho fatto è stato per te, se questa vita bugiarda aveva il solo scopo di portarmi a te, sempre a te, solo a te, e sappi che in queste dita c'è la mia dignità, prendila e bruciala, non la voglio, non l'ho mai voluta.