Going straight

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Sapessi quanto l'ho cercato, Jungkook.

Al parco, in metro, nei bagni dei locali. In mezzo ai corpi di Homo Hill, nel sudore e nello sperma di quelli come noi, ma non l'ho mai trovato.

Ho creduto di essere pazzo, di averlo immaginato, perché non può una vita sparire così, ingoiata dal mondo, e chi resta non ha un ricordo da rosicchiare, un tozzo di pace.

Così ho continuato a cercare, ho scritto il suo nome CHOI JOONWOO CHOI JOONWOO sul muro della mia stanza, nei siti d'incontri, sulla scrivania dell'ispettore Lee.

L'ho pronunciato sugli autobus, negli ospedali, tra i banchi delle chiese di Seul. L'ho recitato a tutti i parroci e i reverendi della città finché uno, tra tutti, ha vacillato, sul volto un disprezzo feroce, quello di chi - sopra ogni cosa - ha imparato a odiare.

Quella sera, Jungkook, attraverso il confessionale, la voce del reverendo Choi mi raggiunse. «Sai cosa fanno ai ragazzi come voi, in Corea?»

*

Benvenuto!
Se sei qui significa che conosci qualcuno che crede di essere gay o lesbica. O forse tu stesso hai sperimentato una forte attrazione e strane emozioni per persone dello stesso sesso. Ti capiamo. Tutti noi abbiamo sperimentato queste sensazioni da adolescenti. Ma non temere. Exodus è qui per aiutarti.

L'ispettore Lee studiò lo schermo con sgomento.
Aveva imparato a schivare i colpi, a stare agli scherzi sinistri del mondo, ma quella stortura gli si era infilata sotto pelle come una spina nell'unghia.

Testimonianza volontaria di Choi Joonwoo.

Cancellò la cronologia, spense il terminale, uscì.
Fuori, l'afa sgrassava la pelle dalle ossa, o forse erano il suo sangue i suoi organi la sua coscienza a ribollire. Telefonò a sua figlia, Yukjo, al sicuro nel loro appartamento.

«Papà?»

come stai, bambina mia, dimmi che sei sana, che sei normale, che non dovrai subire le angherie di chi si crede santo, e scusami se questo mondo del cazzo io non l'ho aggiustato, se non posso guarirlo, se per ogni stronzo che sbatterò dentro ne sbucheranno fuori altri cento come vermi da sotto a una pietra, scusami e dimmi che rinuncerai a te stessa, se serve, perché davvero tuo padre ce l'ha messa tutta ma di meglio non è riuscito a fare

«Papà? Ci sei?»

«Sì, tesoro, ci sono.»

«Tutto bene a lavoro?»

«Tutto bene. Hai mangiato?»

«No, ti aspetto. Ti ho preparato una cosa buonissima. A guardarla non sembra ma... garantisco io.»

L'ispettore Lee chiuse la chiamata, spinse il telefono in tasca e Choi Joonwoo in un antro remoto della sua mente, un luogo in cui quel ragazzo non sarebbe stato solo, affatto, perché in quel pozzo scuro abitavano tutti i fantasmi della sua vita.

Quella sera, però, dopo cena, l'ispettore Lee pensò a Taehyung, alle sue unghie nella scrivania, CHOIJOONWOOCHOIJOONWOO, a come avrebbe fatto quel ragazzo a sopravvivere all'ennesima perdita, l'ennesimo torto, uno che viveva di scomparse, vite spezzate, domande insolute.

Quella notte, alle tre in punto, l'ispettore Lee si svegliò senza aver dormito e telefonò ai Kim.

*

Il mondo era un ronzio ovattato. Caricai l'auto, chiusi lo sportello, avviai il motore. Sul sedile passeggero una bottiglia d'acqua, cioccolato, ramen.

Inserì le coordinate che l'ispettore Lee mi aveva dato, guidai in silenzio nella campagna buia, finché non apparve.

Con mia grande sorpresa, il posto in cui Joonwoo avrebbe smesso - per volere di Dio - di essere frocio non era ostile. Sembrava un campeggio, uno di quei posti infelici in cui gli adolescenti dei film americani vanno a farsi ammazzare dai lupi mannari d'estate, e sorgeva fuori città, direzione Busan.

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