Thelma & Louise

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can you hear the sound of 

my heart

exploding?



«Sono dodici euro e cinquanta.»

Taehyung si frugò le tasche. Era ricco da far schifo, tuttavia quello gli sembrò un prezzo davvero troppo alto per una coppa di gelato. Sperò che almeno la banconista ci avesse messo parecchie fragole, perché quel paciugo aveva tutta l'aria di essere una fregatura.

«Ecco a lei.»

Non gli sembrava vero. Strinse tra le mani la coppa colorata, ne percepì il freddo, la consistenza cremosa. La bellezza dei frutti rossi immersi nella panna lo commosse, qualcuno dei presenti gli chiese se si sentisse bene.

«Mai stato meglio» mugugnò, gli occhi lucidi incollati al paciugo.

Abbandonò il locale e si guardò attorno con circospezione. Jungkook gli aveva detto di correre fino alla chiesa e di mangiare la focaccia, ma il richiamo del gelato era stato irresistibile. Senza ombra di dubbio, Leo lo stava cercando. Quell'uomo avrebbe battuto tutta la riviera ligure a piedi, se necessario, prima di confessare a Namjoon che si era fatto fregare come un pollo dal figlio dei Jeon.

Decise dunque che avrebbe mangiato il suo dolce e che dopo sarebbe corso a nascondersi ma, mentre avvicinava la lingua alla tanto agognata crema di latte, uno scalpiccio acquoso catturò la sua attenzione. Era Jeon Jungkook, quello?

«Kim Taehyung?»

Con un enorme sorriso stampato in faccia, Jungkook correva, quasi non si fosse accorto di essere bagnato fino al midollo. Le sue scarpe da vela erano zuppe, la polo leggera incollata al petto largo. Arrivato davanti a Taehyung inchiodò, il fiato corto, le mani premute sulle ginocchia.

«Che nascondiglio di merda» osservò, divertito, e prima che Taehyung potesse aprir bocca per giustificarsi, la voce concitata di Leo rimbombò nella piazzetta deserta.

«SIGNOR KIM?!» ululò, disperato, affacciandosi ad ogni ristorante, infilando la testa abbronzata sotto le panchine, in mezzo ai cespugli, l'aria afflitta di chi preferirebbe essere annegato.

I due ragazzi si scambiarono uno sguardo talmente eloquente da non aver bisogno di parole. Accadde tutto in una frazione di secondo. Le loro mani si cercarono e si trovarono come le navi e la terraferma, e nell'inaspettato calore di quel palmo bagnato Taehyung sentì i colori del suo mondo cambiare irreversibilmente, la nebbia attorno al suo cuore dissipata per sempre, la verità nitida e chiara come il più puro dei cristalli.

Un battito feroce, ribelle, forse romantico, decisamente stupido, spaventoso. Forse Jungkook lo avvertì. Forse percepì come una vibrazione leggera o magari una scossa sismica, uno smottamento nel petto. Forse anche il suo cuore cantava quella canzone. Quella sciocca, delirante, meravigliosa canzone.

Corsero fino alla chiesa, superarono le sue mura color ruggine fino al panificio, dove la signora Maria, il grembiule infarinato addosso, adagiava ruote di focaccia fumante sul bancone.

«Ciao, Giovanni» salutò, levando appena lo sguardo sui ragazzi.

«Salve, signora Maria. Come si sente, oggi? Ad ogni modo, per la dodicesima volta, è Jungkook.»

L'anzia signora sorrise alle focacce, indugiò appena sulle mani strette dei due amici.

«E tu come ti chiami, bel giovanotto?» domandò a Taehyung, tagliando due grosse fette piene zeppe di pomodori freschi.

«Taehyung, signora. Molto lieto.»

«Tieni... Simone.» Maria gli allungò un incarto oleoso e bollente, rifiutò il denaro, si fece una croce sul cuore. «Se passa quel cretino, ci dico che non vi ho visto. Andatevene al mare, va'.»

*

Il gelato si era liquefatto. Durante il tragitto avevano perso buona parte dei frutti rossi, così il tanto desiderato paciugo si era ridotto ad una pozzanghera rosa con una fragola rinsecchita al centro.

Seduti all'ombra di un albero, i piedi nell'acqua turchese, Taehyung e Jungkook osservarono la coppa ormai inutile.

«Era per me?» domandò Jungkook, sfilandosi la maglietta ancora umida.

Taehyung si concentrò sul panorama davanti, la baia di Paraggi in tutto il suo splendore. Non riusciva a capire cosa gli fosse successo, per quale motivo non riuscisse a guardare il torso nudo dell'altro nonostante lo avesse fatto proprio poche ore prima.

Si sentiva diverso. Si sentiva sbagliato, terribilmente spaventato.

«Certo che no. Era per me» tagliò corto, brusco.

Jungkook rise, appese la polo ad un ramo e si tolse le scarpe, adagiandole al sole per farle asciugare.

«Dopo quello che ho fatto per te» mormorò, la testa giuliva tra le fronde.

Taehyung sussultò. Jungkook non era suo amico, piuttosto un conoscente. Erano i loro genitori ad essere amici; lo erano stati per tanto tempo, da prima che loro due nascessero, ma ora che i signori Kim erano morti, Taehyung si domandò cosa fossero, loro due.

«E sentiamo... » borbottò Taehyung, calciando una foglia che galleggiava, «cos'è che avresti fatto?»

Jungkook si voltò. Era leggermente abbronzato, e aveva i denti più grandi e più bianchi che Taehyung avesse mai visto. Non ci aveva mai fatto caso, prima. Davvero non ci hai mai fatto caso? Certo che no, bugiardo. Conosci bene questo sorriso. Solo, non lo aveva mai visto così, senza nessun altro attorno, in mezzo alle foglie, col sole che gocciola nell'orizzonte. Col cuore che arranca, un nodo di pietra in gola.

«Beh... ti ho liberato.»

Prima che Taehyung potesse replicare, uno schizzo d'acqua lo investì, obbligandolo a mettersi in piedi.

«Jungkook!» ruggì, mentre l'altro riemergeva dal tuffo, felice come un bambino, i capelli scuri tirati indietro, il volto scoperto, disseminato di gocce minuscole come cristalli.

«Che fai, resti lì? Mi sembrava volessi andare al mare.» Jungkook lo pungolò, nuotando in tondo come un'alga, come il più tonto dei predatori marini.

Certo che ci voleva andare, al mare. Taehyung sospirò, reggendosi lo stomaco. Quell'idiota in acqua era solo Jungkook. E a lui, quel ragazzino sghignazzante non era mai piaciuto. Troppo viziato, petulante. Troppo alto. Troppo simpatico. Troppo buono.

«Allora? Taehyung, prima o poi dovremo tornare allo yacht, e sicuramente le prenderemo di santa ragione... godiamocela finché dura.»

Cercando dentro di se una bugia che lo aiutasse a dimenticare quello che stava provando, Taehyung si tolse i vestiti e si tuffò, sperando nell'urto di colpire quell'idiota che continuava a canzonarlo.

Non mi hai reso libero, Jeon Jungkook. Mi hai reso prigioniero più che mai.

The Love You GiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora