<<Dove hai lasciato la chiave dell'appartamento?>> le chiede Tania.
<<Probabilmente in fondo al mare>> le risponde Izabel con un'alzata di spalle.
<<Stai scherzando, vero?>>
<<Assolutamente no.>>
<<E come pensi di entrare in casa?>>
<<Beh con la chiave di riserva, ovviamente.>>
Tania guarda prima la porta d'ingresso spoglia davanti a sé e poi posa di nuovo lo sguardo sulla sorella.
<< E sua Maestà sarebbe così cortese da informare questa povera plebea su dove abbia nascosto la chiave di riserva se non ci sono tappeti, fessure o altri possibili nascondigli?>> le chiede incrociando le braccia al petto, con fare esasperato.
Izabel alza gli occhi al cielo, si avvicina alla fessura dove è incastrato il campanello non funzionante sul muro e lo spinge all'infuori quel tanto che basta per inserire delicatamente due dita all'interno della piccola cavità e recuperare la chiave. Si volta e mostra vittoriosa il piccolo trofeo alla sorella con un sorriso di sufficienza stampato in faccia. Quest'ultima le sorride di rimando ed esclama: <<ingegnoso, assolutamente ingegnoso Maestà.>>
Dopo aver aperto la porta entrano dentro l'appartamento buio e angusto di Izabel. L'ingresso si affaccia su una piccola cucina posizionata alla destra del muro, equipaggiata del minimo indispensabile, un tavolino con quattro sedie e un divanetto a due posti poco distante per gli ospiti. A sinistra invece ci sono le due porte che conducono rispettivamente una alla camera da letto e l'altra al bagno. I muri sono tappezzati di mensole con pile di libri, alcuni tomi sembrano così pesanti da sfidare qualsiasi regola della fisica e della statica.
La casa è immersa nel buio, solo qualche spiraglio di luce fa capolino dai buchi delle persiane.
<<Questa casa puzza di chiuso! Quando è stata l'ultima volta che hai aperto le persiane e le finestre?>> chiede Tania mentre corre verso la finestra della cucina.
Izabel la guarda sorpresa, ancora ferma all'ingresso. <<Beh ti ricordo che è più di una settimana che non metto piede qui dentro quindi certamente non poteva profumare di lavanda.>>
Le persiane vengono aperte e la luce diretta del sole colpisce Izabel facendole uscire una smorfia di disappunto.
Il buio è così confortante, rilassante, un rifugio per tutti quei pensieri che non diventeranno mai parole. Una sospensione del tempo in cui perdersi prima di dover tornare alla realtà.
Come le persone riescano a sopportare tutta quella luminosità, addirittura rimanere allungati sotto il calore rovente del sole estivo per abbronzarsi, rimarrà sempre un mistero per Izabel. La sua carnagione pallida lo dimostra. Un'ombra le occupa la vista distogliendola dai propri pensieri: Tania con le mani sui fianchi e le gambe divaricate che la guarda scuotendo la testa, i capelli lisci come spaghetti che seguono i suoi movimenti. Un estraneo non avrebbe scommesso un centesimo sul fatto che siano sorelle.
Se Izabel è minuta con una cascata di ricci neri e occhi verdi, Tania è alta più del metro e settanta con i capelli lisci castani e gli occhi del medesimo colore. Izabel sarà anche più grande di due anni ma è Tania che si comporta da sorella maggiore.
<<Bene, ora che ti ho portata a casa sana e salva direi che posso andarmene. Hai del cibo in frigorifero?>>
Izabel le poggia una mano sulla schiena e la spinge delicatamente verso la porta d'ingresso.
<<Sono sicura di trovare qualcosa di commestibile in casa perciò puoi tranquillamente tornare ai tuoi doveri.>>
La sorella si ferma poco prima di uscire e si volta a guardarla negli occhi. <<So che è l'ultimo dei tuoi pensieri ma mamma e papà vorrebbero che venissi a pranzo domani>> le dice con un filo di voce. Izabel vorrebbe riderle in faccia e chiudersi la porta alle spalle ma dopo tutto quello che le ha fatto passare decide di accettare, almeno questo glielo deve.
<<La mattina ho un impegno ma vi raggiungerò appena finisco, non dovrei impiegarci molto.>>
Detto ciò si salutano velocemente e Izabel finalmente torna alla sua tranquillità. Mentre si dirige verso il bagno per farsi una doccia le torna in mente la conversazione col medico di quella mattina...
"Izabel è pronta ad uscire dalla sua camera d'ospedale per raggiungere la sorella che la sta aspettando all'ingresso quando qualcuno le si avvicina. Si volta e alzando leggermente la testa si ritrova un paio di occhi neri davanti. Le si mozza il respiro e il suo primo istinto è quello di fuggire finché non nota che l'uomo che la sta guardando indossa un camice bianco. Un dottore. Torna lentamente a respirare, cercando di non far trapelare la paura che è ancora in lei.
<<Mi scusi se la sto trattenendo più del dovuto signorina, sono stato il suo medico durante questa settimana e volevo parlarle un momento in privato>> le dice. E' molto giovane per essere un medico, nota la ragazza.
<<Purtroppo non posso dilungarmi molto ma vorrei discutere con lei di alcuni problemi che ho riscontrato durante le sue visite.>>
Izabel lo guarda confusa. <<Devo preoccuparmi?>>
Lui gesticola con le mani mentre afferma: << assolutamente no, non si deve preoccupare, sono solo dei dettagli che ho notato e di cui vorrei discutere con lei.>>
Lei sospira. <<Bene, domani mattina sono libera. Posso venire qui in reparto da lei?>>
Lui le sorride, illuminando il suo viso serio e per un attimo Izabel si sorprende a chiedersi perché non lo faccia più spesso.
<<Certamente, sarò qui tutto il giorno. Se non mi vede, chieda del Dottor Michael, le diranno le infermiere dove trovarmi.>>
<<Perfetto allora, a domani>> ..."
Izabel torna alla realtà cercando di non pensare a quel medico dai modi strampalati e ciò che le dirà domani. Sa già che non sarà nulla di positivo, lo sa da tanto tempo.
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The Lost Me
General FictionE' mai capitato di fare lo stesso incubo per diverse notti di fila? Ci si sveglia urlando, in un bagno di sudore, spesso senza avere qualcuno a cui importi cosa sia successo. Questa è una storia come tante, di una ragazza che ha vissuti traumi i qu...