21. (Dis)ordine

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Il mio ritorno a casa è stato a dir poco traumatico. Provavo un misto di rabbia e di tristezza che non sapevo ben scindere. Sapevo di sentirmi così male perché, una parte di me, si era già vista insieme a Charles. Ma dopo quella foto è stato come se quella sola e unica remota possibilità, alla quale mi stavo aggrappando, fosse stata spazzata via definitivamente.

Appena finito il pranzo con Sofia — anche se pranzo poi non è stato, considerando che non ho mangiato quasi nulla — sono tornata subito a casa.

In quel momento mi sentivo come se ne avessi abbastanza del Mondo, come se volessi per un po' mettere in pausa la mia vita, per potermi riprendere e ricominciare a vivere. Non volevo più pensare a nulla, non volevo fare più niente, mettermi appunto in pausa. Peccato che non si potesse fare; allora, l'unica cosa che era rimasta, era sfogarmi. Se non potevo essere insensibile a quanto stavo sentendo, forse era meglio far uscire tutto quanto. E c'era una sola persona che avrebbe potuto aiutarmi. La mia migliore amica.

Ricordo di aver mandato un messaggio vocale a Rebecca, spiegandole brevemente che cosa era successo. Ovviamente non era niente in confronto a quello che avevo da dire, era come quella piccola parte che precede o segue la trama in un libro per aiutarti ad immedesimarti di più. Quella che ti può fare scattare la scintilla oppure no.

Al mio ritorno a casa, ho trovato la mia amica con Maeve, in giardino. Era seduta a bordo piscina con il suo portatile sulle ginocchia. L'ho salutata quasi incredula; non immaginavo di trovarmela lì. Sapevo che aveva da fare, infatti probabilmente doveva ancora ultimare il suo articolo per la Gazzetta.

«Ciao Chiara, sorpresaaa!» Mi ha detto lei con trasporto, dopo essersi tolta gli auricolari. Io le sono andata in contro, sentendomi impotente e in difetto per non ricambiare tutto il suo entusiasmo. Ero davvero felice di vederla, ma l'altra parte di me era così sconvolta, che l'unica cosa che sono stata in grado di provare in quel momento, è stato sollievo. Tanto sollievo.

«Ciao Rebb, ma stai ancora lavorando, potevamo sentirci per telefono, non dovevi!» Ho esclamato io, prima di stringerla in un abbraccio. Siamo rimaste un po' così; io non volevo staccarmi dal mio unico punto fermo durante la tempesta.

Mi ci è voluto un po' per iniziare a parlare. Non sapevo da dove iniziare, poi, ad un certo punto, ho detto, quasi spontaneamente «Questo è quello che succede quando si rimandano le cose e al contempo si ha troppa fiducia in una persona appena conosciuta...» Ho esclamato io, distaccandomi, per poi sedermi accanto a lei.

Poi il resto è venuto naturale e abbiamo finito per parlare di tutto quello che mi preoccupava. Ho parlato, lasciando andare tutto quello che avevo dentro. Per quanto doloroso fosse, dal momento in cui pensavo a qualcosa, significava che quella cosa esisteva, che era reale.

Che quella ragazza esisteva davvero.

Nonostante le decine di minuti passate a parlare, alla fine siamo giunte alle stesse conclusioni di sempre. Che cosa c'era poi di nuovo da dire? Non è che si potesse trovare una motivazione al comportamento di Charles, non essendo noi nella sua testa, ma potevamo fare ipotesi. Abbiamo parlato di quelle che sembravano più verosimili e abbiamo parlato anche di Jacopo. Era giunto il momento di affrontare la situazione, perché più andavo avanti e più mi rendevo conto che esistevamo solo in quanto 'noi'. Che io e lui presi singolarmente non riuscissimo più ad essere davvero Chiara e Jacopo.

Perciò si, dovevamo parlare appena lui sarebbe tornato a casa. Non mi sembrava giusto affrontare la questione per telefono, mentre era ancora in vacanza. Dovevamo parlarci faccia a faccia.

E adesso, ad un giorno di distanza, non è cambiato molto. Tutti quei punti interrogativi non sono ovviamente stati risolti; per quanto io abbia cercato delle giustificazioni per quello che è successo nei giorni scorsi con Charles, quando arrivo al negozio e Sofia mi mostra le foto del compleanno della ragazza di Charles (fotogramma di un loro presunto bacio compreso), vedo tutto ritornare buio come un giorno fa.

Momentum || Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora