La conferenza

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Ginevra, 25 aprile 1944

La piazza era gremita di folla: erano per la maggior parte italiani, ma anche svizzeri e francesi, venuti a sentire le parole di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi sulla loro idea di una nuova Europa, finalmente libera e unita, scevra dei rancori che avevano caratterizzato la sua storia negli ultimi secoli.
Giada e Luciana, elegantemente vestite, ascoltavano ogni singolo concetto, e speravano che il mondo dipinto da quel gruppo di idealisti fosse veramente diverso da come l'avevano vissuto loro e gli altri giovani sanfeliciani; un mondo dove una donna di provincia non doveva vergognarsi se intendeva studiare Ingegneria Metallurgica, e dove una ragazza della Roma bene potesse amare alla luce del sole il figlio di un tipografo.
Faceva freddo, ma i cuori dei presenti erano caldi di convinzione e accesi dal sogno di un domani che non era poi così lontano: il Nord Italia era ancora stretto nella morsa del nazifascismo, con la creazione della posticcia Repubblica di Salò, ma la Resistenza partigiana si era mobilitata per liberare le grandi città e i piccoli paesi.
Quando la conferenza finì e la folla si disperse, Giada si avvicinò allo zio e a Rossi; Luciana la seguì più timidamente, emozionatissima.
<< È stata una bellissima conferenza! >> esordì la ragazza.
Altiero Spinelli levò lo sguardo: ci mise un po' a riconoscere la nipote, ma poi non ebbe più dubbi che fosse lei.
<< Giada? Sei Giada, la figlia di Guido e Arianna! >> indovinò il politico.
<< L'ultima volta che mi hai vista sarà stato il mio battesimo, che ancora non eri stato carcerato! >> esclamò la giovane, dopodiché si abbracciarono.
<< Somigli in maniera straordinaria a tuo padre... >> osservò lui, quando si staccarono.
<< Spero che la somiglianza sia solo fisica... >> commentò lei.
<< Dal tuo tono deduco che ti abbiano rivelato tutta la storia... >> ipotizzò l'uno.
<< L'ho scoperta tramite chi c'era quel giorno >> ammise l'altra.
<< Ognuno ha fatto i suoi sbagli, ma è per questo che col Manifesto di Ventotene militiamo per un mondo diverso: per non farne più. E a proposito di collaboratori, questo è il mio amico e compagno di sventure Ernesto Rossi! >> replicò Spinelli, indicandole un uomo più basso di lui, dai capelli e occhi scuri e dallo sguardo vivo.
<< Piacere di conoscerla. Ma non sono da sola. Questa è Luciana Belmonte, futuro ingegnere metallurgico e vostra grandissima ammiratrice! >> esclamò Giada, presentando loro l'amica.
<< Ingegnere metallurgico? Una passione particolarissima... >> dichiarò il fondatore del Manifesto di Ventotene.
<< Nel mondo che immaginiamo, non sarà inusuale che anche le donne si potranno iscrivere in massa in facoltà dove la maggior parte degli studenti sono uomini... >> intervenne Rossi.
<< Conoscete i ragazzi di Via Panisperna? >> domandò Luciana.
<< Un gruppo di autentici coraggiosi! La scienza è un veicolo di messaggi potentissimo, come la politica! >> decretò Spinelli.
Dopodiché si salutarono e le due giovani si incamminarono verso la stazione.
Ma prima Giada chiese a Luciana di andare a comprare due biglietti per Roma, mentre lei si dirigeva verso una cabina telefonica: compose il numero dei Cantieri Navali Belmonte.
<< Pronto? >> fece la voce di Enrico.
<< Sono Giada! Siamo a Ginevra con Luciana, abbiamo ascoltato la conferenza di mio zio Altiero Spinelli! >> rispose la ragazza.
<< Però... Siete parecchio al Nord, più dei materiali che sto inviando alla Resistenza e agli Alleati! >> osservò il giovane.
<< Stiamo tornando a Roma. Mi raggiungerai lì? Ho bisogno di parlarti, di raccontarti diverse cose... >> lo pregò lei.
<< Quali cose? >> la incalzò lui.
<< Alcune cose della mia famiglia, e non solo. Verrai? >> lo supplicò l'una.
<< Certo che verrò! Tu aspettami, io prendo il primo treno... >> le promise l'altro, e dopo che ebbe attaccato la cornetta, compose il numero dell'ufficio del ragionier Olivieri.
<< Ragionier Olivieri, sto partendo per Roma e starò via al massimo tre giorni. Ci pensa lei ai cantieri navali? >> gli fece.
<< Può contarci, dottor Belmonte! >> rispose il fedele ragioniere.
Fatto questo tornò a casa, preparò la valigia in fretta e comunicò al resto della famiglia che sarebbe partito per Roma e presto sarebbe rientrato.
Dopodiché prese l'auto e guidò fino alla stazione di Terracina, comprò un biglietto di sola andata per Roma e, non appena il capostazione disse che il treno stava per partire, salì su un vagone della classe turistica.
Poco lontano, al Ministero degli Interni, Gianfranco Menotti era al telefono nientemeno che con il terribile generale Kesselring.
<< Mi sta dicendo che tutti i treni d'Italia sono dirottati ad Anzio? >> sbraitava il tedesco.
<< I miei informatori mi dicono che stanno portando risorse agli Alleati e alla Resistenza >> cercò di calmarlo l'italiano.
<< E allora dobbiamo fermarli, in un modo o nell'altro! >> sbottò il primo.
<< Che intende con "in un modo o nell'altro"? >> domandò il secondo, un po' spaventato.
<< Ho deciso di eliminare il problema alla radice: è stato piazzato dell'esplosivo in tutti i treni che sono diretti ad Anzio. Bisogna solo attivarlo... Non ha nulla in contrario? >> rivelò il nazista.
Il gerarca sanfeliciano pensò alle persone che potevano essere sul treno in questione, in quel preciso istante: alle donne, ai bambini, alle famiglie. Avrebbe voluto attaccare in faccia a Kesselring, ma temeva seriamente che un suo voltafaccia avrebbe portato alla deportazione ad Auschwitz di Rebecca e dei loro figli.
<< No. Dica ai suoi sottoposti di eseguire l'ordine >> sospirò.
Totalmente inconsapevole della decisione che era stata presa, Enrico aveva acquistato un quotidiano che parlava della conferenza di Spinelli e Rossi, a Ginevra: gli venne in mente che forse Giada, per prendere quella decisione, doveva aver vissuto un trauma molto forte prima della partenza per la Svizzera.
Una luce accecante lo distolse dai suoi pensieri: sentì un sordo boato, le urla confuse dei passeggeri, poi più nulla.

Storia d'amore e di guerra - Il ritornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora