Otto, presentazioni.

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È stato faticoso non continuare a pensare a noi due in cucina a ridere e scherzare, una mano a tenere una padella e l'altra ad indicare i personaggi nella tv.
Mio padre era fuori per una cena e la nonna é anche arrivata, la presentazione che ho provato e riprovato non é andata a buon fine in quanto, appena lo ha visto, lo sguardo che mi ha rivolto era pieno della consapevolezza che solo la figura dei nonni può avere.
Consapevolezza che nasce dal conoscermi davvero, sapere cosa sento prima ancora di saperlo io.
Non c'è stato bisogno di dire nulla, solo una stretta di due mani con un "piacere Manuel" "piacere mio, nonna Virginia" .
Sono seguite risate, consigli culinari e dopo poco siamo rimasti dinuovo soli noi due.
Mi sono cullato per giorni nella sensazione che ho provato quella sera, a vederlo così tranquillo girare per la cucina e prendermi in giro per le troppe quantità di sale che mettevo nei piatti.
E poi i nostri sguardi, i suoi sguardi.
Ho toccato la serenità e la felicità con un dito, immaginandomi mille altre giornate così, a farle diventare la nostra quotidianità.

Ma i contatti che ci sono stati dopo quel giorno sono minimi, un po' per il flusso di lavoro e un po' perché...perché Manuel sembra avere per la testa altro.
O meglio un altro.
Che non sono io.

Sta cominciando a piovigginare quando entra l'ennesimo cliente: i capelli castani scuro e gli occhi verdi, mi sorride.
E io penso, dopo quattro ore di lavoro, voglia di sorridere proprio non ne ho, che il tempo e Manuel non aiutano di certo, ma mi sforzo per tirare su le labbra in un sorriso tirato.
-"Buon pomeriggio, come posso aiutarla?"
-"Ciao! In realtà non sono quì per comprare"
la voce squillante arriva dritta e penso che alla sua prossima parola mi verrà un gran mal di testa.
Oltretutto non riesco a comprendere cosa voglia e ciò mi spazientisce facendomi alzare un sopracciglio
-"Quindi perché sei qui?"
tanto le buone maniere se non sei un cliente posso anche non usarle, non violano il protocollo del "non dare del tu ed essere sempre gentili" fortemente voluto da Chicca.
-"Stavo cercando-"
dalla porta fa capolineo la testa di Manuel, i ricci un po' scombinati e il viso stanco. Sta per proferire parola quando il suo sguardo va a posarsi incredulo sulla figura davanti alla mia
-"lui, stavo cercando lui"
la voce squillante mi fa pure un sorriso enorme e mi verrebbe da dirgli che no, non c'è proprio niente da sorridere quì. Semmai da urlare, quello sì.

Si dirige verso Manuel schioccandogli un bacio sulle labbra provocando una sensazione di vomito al mio stomaco.
Non lo facevo tipo di persona che si bacia spudoratamente il suo ragazzo davanti agli altri, Manuel.
O forse semplicemente non lo facevo tipo di persona che bacia qualcuno davanti a me, con tanto di lingua.

I miei occhi si infuocano mentre fisso i suoi, che grattandosi la testa con una mano parla
-"Simone, lui è Luigi"
Espiro a pieni polmoni
-"Lo avevo immaginato, non so da cosa eh"
voce squillante ride, non sapevo ci fosse qualcosa peggiore della sua voce.
-"Oddio scusami, ma puoi capirmi. Manuel é così bello!"
enfatizza il tutto seguendo un altro bacio, ma Manuel si scansa pronunciando un flebile "dai quì no".
Sono a tanto così dal rispondere a questo tizio, come si chiamava, Luigi?! che io posso capirlo eccome.
I sogni dove mi ritrovo a contatto con le sue labbra per interminabili minuti io me li ricordo tutti bene il mattino dopo e quello dopo ancora.
Che non ho bisogno certo di lui per notare la bellezza di Manuel.
E che se, cortesemente, la smettesse di baciarlo davanti ai miei occhi sarebbe per me più facile controllare il mio fastidio.

Fisso gli occhi in quelli di Manuel, che sembra quasi non riuscire a reggerli.
-"Beh, hai ragione. Manuel è bello"
c'è silenzio e a me scoppia da ridere
-"Dai su Manuel, il tuo ragazzo ha ragione no?"
la frase il tuo ragazzo gliela sottolineo, abbastanza affinché lui senta il fastidio provocato ma che non sia palese a Luigi.
Infatti, voce squillante ride.
Però, gli piace un sacco ridere a questo eh.
Mi sento anche senza il diritto di provare ciò che provo, so che non sarà mai ricambiato e un po' mi dò da solo dello scemo che vuole rincorrere il nulla sapendo già che non ci arriverà mai a raggiungerlo.
Però, il cuore sente quello che sente.

Le presentazioni a Chicca sembrano non servire poiché, a quanto pare, si conoscono già.
La bella idea di sederci tutti in ufficio a prenderci il caffè parlando di loro, di certo non é la mia.
La mia è solo quella di andarmene via da lì il più presto possibile, perché i due fidanzatini si sono anche seduti proprio difronte a me.
La gamba di Luigi sopra quella di Manuel e la mano sempre del primo messa sopra quella dell'ultimo.

Qualcuno ha deciso di torturarmi oggi, altrimenti non me lo spiego.

Seguo i discorsi senza attenzione e guardo ovunque ma non davanti a me, non sembrano farci caso finché
finché
-"Simone, tu è da poco che sei quì giusto?"
quasi un anno non lo considererei proprio poco, Luigi
-"No"
cala nuovamente il silenzio, ci pensa Chicca a interromperlo
-"Simone intende che comunque è un anno che è con noi"
e detto questo, mi rivolge  uno sguardo confusionario.
Voce squillante, così soprannominato da me, non perde tempo a rispondere
-"Ah ecco. Manuel non mi ha mai parlato di te e di solito so tutto del suo lavoro"
forse è un pugno allo stomaco quello che sento?
senza forse, lo é.
Gli occhi di Manuel saettano su di me, ma i miei lo rifiutano e si concentrano solo sull'altra figura accanto.
-"Si sarà scordato. Il tuo ragazzo si dimentica di un sacco di cose"
tipo del nostro discorso in camera mia, vorrei aggiungere.
O di come, ogni tanto, mentre cenavamo lo sguardo gli si posava sulle mie labbra.

Voce squillante la provocazione non l'ha capita, ma il mio obiettivo era Manuel.
Che, agitandosi sulla sedia e spostando la gamba dell'altro rimettendola a terra, mi fa capire che gli è arrivata eccome.
Sorrido con un sopracciglio alzato.

E se ho esagerato, non me ne frega più di tanto.

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