Izuku cercò di immaginare un giorno qualsiasi, forse nei mesi autunnali, con la ripresa delle lezioni e qualche libro in spalla. La carta dei quaderni ancora immacolata era segno di novità, le mani pulite aspettavano di esser immerse in polvere di carboncini, i fogli da disegno di esser sporcati. Lui era diverso. Il corpo era chiaro, i capelli biondi, gli occhi, sotto due dritte sopracciglia, pieni del sole di ottobre. Iridi rosse come le foglie degli aceri nel parco e vestiti freschi di bucato. Si sentiva sottile in quei panni, cosciente del destino e del tempo che la stagione avrebbe presto consumato fino ai mesi invernali. Era uscito dall'appartamento ancora nuovo, aveva lasciato solo due scatoloni da svuotare a aveva controllato tre volte di aver chiuso a chiave la porta. Niente mezzi pubblici, a lui piaceva camminare quando il clima lo permetteva.
L'accademia era strana, vuota, i gradini d'ingresso troppo puliti, ma l'interesse era cresciuto man mano che si avvicinava all'aula della prima lezione. Le prime settimane in una nuova scuola davano un senso di novità che sarebbe sbiadito lentamente.
Le ore erano calme, tese in poche occasioni ed i professori a malapena accennavano all'importanza di restare in pari con lo studio. La pigrizia estiva aleggiava ancora nelle aule.
Sembianze diverse, mente diversa, preoccupazioni diverse. Essere Katsuki lo gettava in una realtà scomoda. Ma quella maschera di serietà e silenziosi giudizi gli apparteneva, si stendeva sul suo viso come una seconda pelle. Pestò sul legno delle pancate e prese posto verso le ultime file, Kirishima era in anticipo come sempre e lo salutava con un sorriso tirato dal sonno. Non gli disse nulla, voleva solo sedersi e allineare quaderno e astuccio davanti a sé.
L'autunno filtrava dalle ampie finestre, la mattina si teneva stretta il calore dei primi raggi e gli alberi iniziavano ad ingiallire, arrossire e muovere i primi passi verso il letargo. Tutti gli studenti annusavano l'aria attendendo il cambio di stagione. Nell'aula ancora mezza vuota non serviva parlare, il giorno avrebbe preso a correre solo allo scoccare delle nove.
E il corpo urlava nel silenzio per la diversità delle membra che indossava. Izuku si vedeva percorrere a gran passi i corridoi, non degnare di uno sguardo i compagni, la propria chioma verde ondeggiare al ritmo di una scrittura convulsa apposita per gli appunti qualche fila più avanti. Per una volta pensò che in fondo Katsuki non avesse torto nel giudicarlo un fastidioso topo di biblioteca, sempre chino a divorar fogli. Negli occhi del biondo si vedeva piccolo, stretto in un mondo da cui non voleva uscire.
La mattina fu insapore, nel tornare a casa con una ventina di pagine in più da studiare sentiva solo il desiderio di un pasto caldo, lo stomaco si agitava per il poco caffè ingurgitato fra una lezione e l'altra. Ma invece di dirigere i propri passi verso Les Eaux-Vives tirò dritto fino alla fermata dell'autobus. Sua madre gli aveva chiesto di cenare a casa, si sentiva "abbandonata" lì sola, mentre Masaru passava le giornate fuori, chiuso nello studio fino a tarda notte. I suoi avevano molto a cui pensare, il lavoro era una priorità tanto quanto la famiglia, ma di tanto in tanto l'uno prevaleva sull'altra e viceversa. Katsuki aveva imparato a comprendere il loro stile di vita ed in fondo non si era mai sentito trascurato e, al contrario, a volte provava un senso di soffocamento nell'accettare le attenzioni dei genitori.
Quando scese dal mezzo erano le cinque passate e si rese conto di non aver avvisato di esser per strada come Mitsuki gli aveva detto. Pazienza, si disse, in un caso o nell'altro lo stava aspettando.
Sentiva sulla mani tracce di fresco e di secco, l'inizio del tramonto era vicino e la vecchia strada di casa trasudava di un profumo che non avrebbe saputo definire meglio se non con La Vie en rouge.
L'umidità saliva e presto, nelle settimane successive, la nebbia sarebbe salita nei parchi. La gente in bianco e in nero avrebbe continuato a vivere. Aveva lasciato casa da poco, eppure quel quartiere gli sembrava distante chilometri e anni dall'Accademia. Izuku pensò che Katsuki si sentisse così, un po' come lui, un po' diverso da lui, perché erano entrambi cresciuti in quella zona e per quanto potessero differire l'uno dall'altro restava sempre uno dei fulcri della loro infanzia.
Come allora Katsuki era lì, Izuku lo portava avanti sull'asfalto, muoveva i passi sul marciapiede crepato e vedeva il sole abbassarsi oltre gli alberi, il grande cartello che indicava il senso unico ormai alle sua spalle. Respirava la stessa aria de Les Eaux-Vives, perché la città in cui viveva era sempre la stessa e questo lo sapeva, anche se insisteva nel pensiero di esser migrato molto lontano con la crescita. Il trasloco lo aveva cambiato, se ne convinceva, lo aveva fatto crescere e non importava il fatto di dover telefonare alla madre per qualche consiglio. Lui stava crescendo e piano i punti di svolta si avvicinavano, anche quelli più bruschi avrebbero bussato con insistenza alla porta dei vent'anni.
Percorreva la via che conosceva da sempre, ripensava alle lezioni, alla cena, all'insistenza della madre nel farlo tornare a casa, quella vera, di tanto in tanto. Quel posto non era poi così diverso da come lo aveva lasciato pochi mesi prima, persino le scarpe che indossava erano le stesse che portava il giorno della partenza. Quel vecchio paio di converse lo avevano condotto lontano ed ora lo stavano riaccompagnando indietro. C'era forse qualcosa nell'aria, qualcosa di diverso, che gli potesse dire che il tempo non gira al contrario? Mitsuki avrebbe continuato a pregarlo di presenziare alle cene di famiglia, suo padre a lavorare fino a tardi e l'università era un percorso ancora troppo lungo per avere una scadenza. Le pallide lame di sole che filtravano dagli alberi scaldavano l'odore autunnale che nel fruscio delle foglie dava un senso di sicurezza, in qualche modo restava convinto che nulla sarebbe cambiato.
Izuku aveva dato troppi colori alla storia, lo sapeva, ma era un suo vizio quello di esagerare.
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La Petite mort -Dekubaku-
FanfictionLa carta brucia velocemente, un po' come gli uomini, un po' come i loro pensieri. Non tutto può essere conservato, non si è abbastanza capienti per essere tanto ingordi ed in fondo le persone si fabbricano ad un prezzo così basso che non si può pret...