Il sole era morto. Ma si sarebbe levato ancora, Izuku si disse di non dover temere. Era precipitato nel rosso orizzonte ore addietro e adesso che questo era chiuso negli occhi di Katsuki, respirava con forza, sopprimeva la luce che cercava di uscire. Trattieniti, solo per la notte. La chiarezza della mattina sarebbe arrivata prima o poi.
<Solo perché ne ho voglia> soffiò su di lui ed in quelle poche parole trovò nuovi dubbi. Cosa fai, Katsuki? Dimmi, cosa credi di fare? Non solo il riccio, ma l'intero appartamento, come se fosse conscio di quella presenza estranea, glielo stava domandando. C'era nebbia di pensiero, nebbia di interrogativi, nebbia per nascondere azioni di cui non avrebbero parlato. Il fiato di Katsuki era caldo, insapore, proprio come avrebbe dovuto esser quello di uno spettro. L'aria fluiva nei polmoni del biondo e risaliva per abbattersi sul viso di Izuku, l'ennesimo gioco di Katsuki. Tuttavia -si disse- mi ha avvertito. E mentre il biondo si chinava l'unico interrogativo a cui diede importanza fu riguardo all'immediato. Sono curioso, lo sai. Sono curioso, come farai? Sono curioso, Katsuki, sia di me che di te.
Il ragazzo che gli stava puntando le ginocchia vicino alle gambe punse quella parte della mente che gli gridava da tempo di non fidarsi, di riconoscere quel che era passato e quel che non poteva capire. C'era talmente tanto di ignaro nell'aria, si tastava un senso di novità e di scomodità che legava loro le corde vocali. Qualcosa di non detto -lo sentiva- si abbatteva sulle loro menti. Izuku volle pensare di non essere sorpreso, di esser stato cauto non abbastanza, ma di aver tenuto stretto il filo della ragione fino ad allora.
Adesso Katsuki gli avvolgeva i tratti affusolati del viso, timoroso e non di guidarlo verso di sé e fin troppo conscio di aver superato la distanza per potersi ritrarre. Andrà bene? Si chiese il riccio. Se non ti allontano, posso solo tentare. Era curiosità la sua, da sempre, ma senza Katsuki non sarebbe stata forte a sufficienza. Era il biondo a spingerlo in avanti, nella scoperta di una misera manciata di risposte, insufficienti, fredde e pallide nella notte. Speravano entrambi, forse, che i gesti potessero parlare.
Prima di rinunciare ad una scappatoia Katsuki mosse la bocca sussurrando appena, in un confuso respiro, e ripetendosi: <Solo perché ne ho voglia>. Era un monito solitario. Non fu riluttante, tuttavia, nell'attimo in cui Izuku chiuse gli occhi permettendogli di assaggiare un primo, soppesato bacio. Mosse da un brivido famigliare, le labbra del riccio si lasciarono inumidire da quelle del biondo, inumidire appena, come se il temporale si fosse calmato nuovamente, regalando rugiada a chi come loro lo aveva ascoltato. E studiò la sensazione, solo per darsi conferma delle proprie impressioni, contemplando la banalità degli esseri umani. Hanno tutti labbra in grado di baciare, non è forse così? Allora Katsuki premeva mentre il riccio decideva di venirgli incontro, attirato da una diversità che ancora non aveva trovato. Si schiusero l'uno nell'altro, avvertendo il giusto e l'errato dell'atto.
Katsuki aveva labbra sottili, morbide, capaci di seguire i movimenti più lenti di quelle di Izuku, che cercavano di abbandonare del tutto un'incertezza primordiale, che risaliva dalla bocca dello stomaco. Con le dita che si muovevano sul collo del biondo per arrivare alla nuca, dove strinse alcune ciocche lisce e setose, un vago pensiero lo colse. Mi ricordo di quella ragazza. La chioma nera della sua prima volta gli apparve improvvisamente, accompagnata dai tratti pesanti di una matita mal temperata, la sua sola immagine gli presentò l'inadeguatezza del presente, non dissimile da quella passata. Gli stava suggerendo di tornare indietro nel tempo, di soffocare le aspettative, lasciando che un sé più giovane riconoscesse i segni di una seconda occasione; vedeva una strada diversa, dove non inseguiva odore di vaniglia per le vie di Ginevra, ma in cui si domandava cosa vi fosse di allettante nei tratti più marcati di un uomo a confronto di quelli sfuggenti di una donna. Rimpianse brevemente di non esserselo chiesto prima. Ma una nuova conoscenza emerse dalle mani di Katsuki, che con una certa timidezza si facevano decise nell'accarezzarlo, e dal sapore di carne che lo aveva invaso. Non mi ricordo di te, invece. Chi sei? Una pressione maggiore lo fece sprofondare nel divano, in quella scomoda piega che gli dava l'impressione di potercisi perdere, un po' come nell'ignoto che si muoveva su di lui, governando senza permesso nella sua casa. Katsuki gli si strinse contro, il riccio rabbrividì ingoiando un respiro a fatica. Qualcosa in quel fluido contatto lo stuzzicava. Se non ti conosco, puoi essere uno dei tanti, esattamente come lo sono io. E prima di farsi innumerevoli domande ricambiò appieno il bacio, mordendo. Il timore che il biondo scomparisse, anche se riposto in un angolo buio, continuava a tormentarlo e per tenerlo a bada -così si disse- afferrò i lembi della felpa di Katsuki, assieme a quelli della maglia, sollevandoli prima di esser tentato dal ritrarsi. In un convulso movimento, la stoffa risalì, trasformando momentaneamente il ragazzo che si era allontanato con uno sbuffo in un bozzolo. Di nuovo, quando l'indumento fece riemergere la testa del biondo, Izuku restò sconvolto dai nuovi tratti, più sottili, più arrossati, più tirati che gli si mostravano. Assieme ai vestiti volò via quel vago sentore di domanda che aleggiava sulla punta della lingua. Ora la curiosità era diventata più concreta e trasportava le dita di Izuku verso il viso serioso di Katsuki. Lo avvolse, studiandone appena le curve affilate e la pelle liscia, irritata dal solo sfiorar di qualche lembo di stoffa; era il suo corpo, non più la sua mente, a chiedersi cos'altro ci fosse da vedere. Le guance prima bianche si tingevano sotto il suo tocco, la carnagione abbastanza più scura del dorso delle proprie mani sembrava carbone, carbone che sporcava un marmo fresco di modellatura. Liscio, freddo, attraente. Gli occhi di Katsuki lo osservavano riflettendo la luce della piantana, nascondendo una tensione appena palpabile. Erano rossi. Izuku si meravigliò come se non li avesse mai visti prima. Erano rossi e scuri, scuri e brillanti, brillanti e umidi. Forse, pensò, il biondo era sempre pronto a piangere, anche solo per il gusto di poterlo fare, perché non voleva privarsi di nulla. Lui vinceva in ogni caso.
Lo fronteggiava, non era chiaro? Quell'espressione pensosa, persa, era l'ennesima sfida che gli chiedeva di intendere.
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La Petite mort -Dekubaku-
FanfictionLa carta brucia velocemente, un po' come gli uomini, un po' come i loro pensieri. Non tutto può essere conservato, non si è abbastanza capienti per essere tanto ingordi ed in fondo le persone si fabbricano ad un prezzo così basso che non si può pret...