6 - Thomas: Tanta ansia per nulla.

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Thomas.

Tanta ansia per nulla.

"Io cerco di capire cosa c'è
dietro ogni dramma
La vita spesso cambia di colpo
senza un programma
Io spero che rimanga sempre accesa
la mia fiamma"
- Fabri Fibra.
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Un'ora. Guardo di nuovo impaziente l'orologio che porto al polso. 59. Ora restano solo 59 minuti prima di sapere se sarò ammesso in questa accademia o meno. Faccio avanti e indietro per la camera torturandomi i capelli.
Certo, posso sempre studiare fotografia altrove, in qualche altro istituto, ma di gran lunga questo è il migliore, e io non vorrei altro se non la più adeguata formazione nel campo.

Ho appoggiato la macchina fotografica su una delle due scrivanie: l'unica cosa che ho cacciato dalla valigia è proprio lei. Mi accompagna da anni, e non smetterò mai di tenerla con me.

Guardo l'orologio: 55 minuti.

La fotografia è sempre stata una mia grande passione. È essenziale per me focalizzarmi sui dettagli, sulle piccole cose, sui particolari. Credo che non ci sia nulla di più bello.

Se mai dovessi entrare mi chiedo se sarò capace di avere a che fare con questo ambiente. Dovrò studiare arte, musica, teatro, moda, oltre che fotografia, imparare ad affrontare esami più difficili di questo, e soprattutto dovrò convivere con una persona tra queste quattro mura.

Le valigie del mio presunto compagno di avventura non sono state portate in camera e non conosco nemmeno il suo nome. Sul suo letto non c'è nulla, fatta eccezione per un quadernino con la copertina blu scuro.

49 minuti.

Forse è più blu oltremare che blu scuro.

49 minuti, ancora.
Diamine, che ansia. Su quante cazzate dovrò soffermarmi ancora prima di sapere se sono stato accettato oppure no?
Smettila, Thomas.

La camera è davvero ampia e spaziosa. I letti sono separati da un comodino, ed è su quello addossato al muro che è stato lasciato il quadernetto blu. Davanti ai letti, due scrivanie sono accompagnate da sedie bianche, distanziate da un piccolo frigo. Sul fondo, un'altra porta conduce al bagno, affiancata da un armadio. Un altro armadio, invece, costeggia la parete destra accanto l'ingresso. Mi scoccerebbe sistemare lì dentro tutti i miei vestiti da solo. 

Ed è soprattutto in questi momenti che mi manca mia zia Lia, una delle persone più di buon cuore che io abbia mai conosciuto. Se dovessi essere ammesso, una sua foto sarebbe sicuramente messa incorniciata sopra la mia scrivania in bella vista, accanto a quella di Fernando detto Ernesto, il mio piccolo pappagallino grigio. 

Se mai dovessi entrare, sarebbero la mia più grande mancanza del mondo che c'è fuori.

Smetto di fare avanti e indietro, mi sto mettendo pressione da solo. Mentre riporto l'orologio per l'ennesima volta nel mio campo visivo la porta della stanza si apre, rivelando sulla soglia un ragazzo dall'aria familiare.

"Ciao! Sei il mio compagno di stanza?", chiedo subito, entusiasta anche del fatto che ci sia qualcuno a riempire questi interminabili minuti di attesa.

"Suppongo di sì", risponde schivo dirigendosi verso il suo letto in fondo alla camera. "Ancora per poco", aggiunge sottovoce. Non è molto espansivo, e ha anche lasciato la porta aperta.

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