21 - Viola: Ho un leone nella testa, funziona a metà.

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Viola.

Ho un leone nella testa,
funziona a metà.

"But besides all the glamour
all we got was bruised"
- Ghost.
_______________

"Quindi?".

Coraggio. 

Nella vita, ogni tanto, il più delle volte… anzi no, sempre, ci vuole una certa dose di coraggio.

Quella forza d'animo che permette di affrontare situazioni difficili, avvilenti, al limite.

Quella prontezza che ti spinge a rispettare le tue stesse idee, che ti dà l'energia necessaria a sostenerle e difenderle contro la qualsiasi.

È un'esortazione a resistere, la capacità di affrontare dei rischi.

È quell'espressione che viene associata ai leoni, perché loro sì che hanno la sapienza di gestire le avversità.
Vedi il leone di San Girolamo! L'animale che, ferito, ha chiesto aiuto a monaci diffidenti e ostili per poi rimaner comunque loro fedele.

È successo che l'hanno accusato, che l'hanno additato come il colpevole della scomparsa di un asino, unico loro bene. E quello ha avuto davvero il coraggio di un leone. È andato a recuperare l'asino perduto, ha dimostrato di non essere il cattivo, ha dimostrato che non avrebbe mai peccato di astuzia approfittandosene a tal punto.

Lui, almeno, ce l'ha fatta.

Ma sì, insomma, dái, sto parlando del coraggio.
Come altro lo si può chiamare?
Spavalderia? Prodezza?
E io che ne so. Faccio la modella, mica il vocabolario.

Fatto sta che davanti al mio bicchiere, in un posto isolato, in un tavolo isolato, di un bar giusto al centro della città che mi ospita da ormai quasi vent'anni, quel fegato metaforico inizia a mancarmi. Mi manca da un po'.

Non credo sia dovuto al Martini che mi sono scolata in meno di tre secondi, comunque, anche se l'ho pensato. Perché certo, non si addice alle signorine come me bere con così tanta foga, ma chi sono io (Viola Costa!) per non concedermi più lusso di quanto io stessa mi elargisca?

Forse l'alcol mi ha dato alla testa.
E va bene, lo ammetto, non è vero, sono lucidissima.

Ma è possibile che sia stato un bicchiere di troppo ad intaccare pure quell'organo di cui ora ho tanto bisogno?
Il cervello?
No, sciocca, il fegato!

Non lo so. 

Sono solo arrivata al quarto sbuffo di fila senza un apparente motivo.
Il motivo lo stai ignorando.
Non è assolutamente vero!
Ma se è dritto davanti a te!

Sollevo di poco la testa.
A sovrastarmi, la figura di Elia Emanuele se ne sta a braccia conserte e viso imbronciato ad aspettare un mio cenno.

Mi accascio contro lo schienale della poltroncina in velluto rosso su cui sono seduta. Eccolo qua il mio cenno: lo sconforto totale!

Perché non lo trovo il coraggio di aprire bocca. Piuttosto, alzo lo sguardo al cielo uggioso di questa giornata umida di ottobre. 

Non me lo spiego il mio malumore. 
E invece sì.
Ho detto no!

So solo che quando il telefono poggiato sul ripiano del tavolino squilla, lo afferro con entrambe le mani portandomelo all'orecchio con una foga a tratti imbarazzante.

"Elia!". Il tono di voce mi esce fuori più supplichevole di quanto io stessa avrei voluto. Non so cosa mi sia preso, ho solo avvertito l'urgenza e la necessità di rispondere ad una telefonata in cui speravo, ad un segnale che stavo aspettando.

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