Capitolo 8

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“A volte l’uomo è straordinariamente, appassionatamente innamorato della sofferenza.”
F

ëdor Michajlovič Dostoevskij

Aiden.

Questo nome è il mio pensiero fisso da quando è stato pronunciato da Ofelia.
Ofelia ha subito chiuso l'argomento con la scusa "è un ragazzo complicato".

Nè un cognome nè un età.

Non avevo intenzione di inondare di domande Ofelia su suo figlio.

Sembrava un argomento delicato.

E mio padre non ha fatto che confermare i miei dubbi, quando ho provato a fargli domande a subito deviato l'argomento.

Mentre lascio spazio ai miei pensieri mi imbatto in una figura appoggiata al muro del pianerottolo del secondo piano.

Quel pianerottolo.

<Hey scimmietta sei tornata>dice sollevando lo sguardo da un libro.

Da quando Aiden Rivers legge?!

Non faccio tempo a leggere il titolo che nasconde il manoscritto dietro alla schiena per poi metterlo nello zaino.

<Che ci fai qui?> chiedo incuriosita mentre mi sistemo lo zaino sulle spalle per risultare meno impacciata.
Non serve a molto.

<Che c'è scimmietta non ti sono mancato?> dice sghignazzando è altamente divertito dalla situazione.

Eccerto avrò i capelli simili ad un cespuglio rosso, la fronte mantida di sudore dopo aver fatto due piani di scale e per finire il fiatone.

Dovrei iscrivermi a palestra.

<Avevo la febbre Aiden di certo non stavo a pensare alla tua faccia da coglione tutte le notti>cerco di essere il più convincente possibile, la febbre non l'ho mai avuta;ma continuo la mia recita <sai non sei al centro dell'universo Rivers> dico con un sorrisetto furbo.

Ride.
Ride di gusto.

<Bhe scimmietta ti avrei compresa, non serve mentire è difficile dimenticare questo bel faccino>.

Narcisista.

<Narcista> l' ho davvero detto ad alta voce?
Sì.
Lo rifarei?
Probabile.

<Va bene scimmietta come vuoi tu>sbuffa divertito <adesso andiamo dobbiamo affrontare ancora tre piani di scale> lo guardo stranita ma non dico nulla infondo non mi dispiace la sua compagnia.

Ci incamminiamo e lui comincia a farmi il terzo grado.

Narcista assillante.

<Hai la fobia di tutti gli spazi stretti o solo degli ascensori?> chiede titubante.

<Più che altro degli ascensori, ma mi provacono ansia anche gli spazi stetti in generale> dico di getto e infastidita.

<Ok> dice deciso <non ti farò altre domande mi basta questo> e mi fa sentire bene.
Ogni persona che veniva a conoscenza della mia fobia cominciava ad assillarmi di domande del tipo "ma perché?" "cosa ti è successo?".

Lui sembrava capirmi.

<Ehm... grazie> dico arrossendo.

Annuisce.

Ora tocca a me.

<Posso farti una domanda?> chiedo di getto senza pensarci.

Lui punta i suoi occhi nocciola verso di me e annuisce.

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