Capitolo 27

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"Quello di cui più hai paura...è la paura"
J.K Rowling

Ara pov's

È possibile sentirsi un ospite in casa propria? Io dico assolutamente sì.
Ieri sono scappata da casa mia, grazie a Declan.
Non riuscivo a sopportare tutto quel via vai di vestiti, troiller e robe varie di Ofelia.

Con me è gentile, ma è come se avesse preso un posto che non le appartiene.

La mamma doveva essere qui, non lei.
Mi ricordo che mia mamma amava questo posto, spesso invitava mio padre a fare ritorno a Baker.
Ma lui si rifiutava sempre.

"Finché possiamo stiamo lontani da quel posto, Rose", ripeteva ogni volta, mia madre perdeva il sorriso ogni volta.
Io mi ricordavo ben poco di Baker, ci sono stata quando ero molto piccola, ma mia madre la definiva una cittadina piccola, ma intrigante.

Sarebbe stata felice di venire a vivere qui, avrebbe cominciato a correre per ogni angolo della casa, con i suoi capelli così simili ai miei, legati in una crocchia morbida.

Avrebbe ridipinto ogni stanza di un colore diverso.

<I colori mi trasmettono felicità>ripeteva spesso.

Gli piaceva l'arte, anche se era una pessima disegnatrice, lei la amava.
Amava comprendere le emozioni che trasmetteva l'artista nella sua opera, diceva che era una vera prova di empatia.

E quando ne coglieva il significato si emozionava, ogni volta.
O si arrabbiava, diceva che ogni opera poteva trasmettere emozioni differenti ad ogni persona.
Dal canto mio, io guardavo un dipinto e vedevo un semplice disegno pieno di colori.

E me ne pento, mi pento di non aver versato una lacrima, un sorriso o essermi arrabbiata con lei.

Pagherei oro per rimettermi seduta difianco a lei, mentre osserviamo un'opera sul computer, mentre ci sforziamo di sentire qualcosa, di cogliere ogni singolo emozione.

La verità è che lei era empatica, capiva ogni cosa, riusciva a capire ogni persona che gli si presentava davanti.

La invidiavo.

Mio fratello maggiore, Ashton non sarebbe stato contento del trasferimento.
La sua vita era a Chicago, gli amici, l' università e la sua ragazza.

In realtà non l'abbiamo mai conosciuta fino alla sua morte, Ashton era un ragazzo riservato, teneva le cose belle solo per sé.

Diceva che in questo modo le preservava.
In realtà io non l'ho mai conosciuta, solo mio padre ed Etham, l'hanno incontrata.
Ero in coma,non avevo modo di conoscerla.

Quando è venuta a sapere della sua morte, si è precipitata da mio padre, so che ha tenuto un discorso al funerale di Ashton e di mia madre.
Etham me lo ha registrato, ma non solo il discorso.
Aveva solo nove anni, ma ha pensato che quando mi sarei svegliata avrei voluto sentire ogni singola cosa della cerimonia.
Non l'ho mai ascoltato, il registratore è ancora lì, chiuso in un piccolo cassetto in camera mia.

Forse se lo ascoltassi finalmente riuscirei a darmi pace.
Finalmente riuscirei a chiudere la questione, sono morti non posso riportarli in vita, ma finché non lo ascolto ho ancora quello piccolo spiraglio.
È come se non fossero morti.

C'è quel briciolo di speranza che mi logora dentro.

<Buongiorno piccola Merida rossa, nonché mia socia> un braccio possente si posa sulle mie braccia facendomi sussultare.

<Ho unito tutti i tuoi soprannomi, ti piace?>sorrido e gli lascio uno sbuffo sulla guancia.

<Sei proprio un cretino, socio>lui ridacchia.

Il cuore di fuoco Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora