𝟐𝟏. 𝐖𝐡𝐚𝐭 𝐚 𝐥𝐢𝐞, 𝐰𝐡𝐚𝐭 𝐚 𝐥𝐢𝐞, 𝐰𝐡𝐚𝐭 𝐚 𝐥𝐢𝐞

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"Cosa ci fate qui?"

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"Cosa ci fate qui?".

La voce del ragazzo sulla porta irruppe nella stanza come un fulmine a ciel sereno, interrompendo qualsiasi cosa stesse succedendo tra quelle quattro mura.

Raggiunsi il nuovo arrivato che occupava tutta la larghezza della porta, ci osservava con un cipiglio innervosito che non prometteva altro se non guai.

"Ehi, amico scusaci" intervenne prontamente Luke alzandosi dal pavimento. Imitai i movimenti di lui recuperando i tacchi.

"La mia amica non si sentiva bene" mentii lui avvicinandosi all'energumeno che parve bersi la sua bugia, quest'ultimo rilassó i muscoli facciali fino ad all'ora induriti dalla rabbia.

"Andiamo" il biondo non si voltó nemmeno verso di me ma impartì l'ordine sventolando una mano in mia direzione, nemmeno fossi un cane. Istintivamente un guizzo di nervosismo per i suoi modi si fece spazio tra le mie viscere, ma lo seguii lo stesso vista la situazione imbarazzante che si era creata.

"Scusa ancora amico" aggiunse Luke, "Nessun problema godetevi la festa" concluse il giocatore di football.

Una volta fuori dalla stanza con le scarpe ed il telefono tra le mani osservai la nuca del biondo.

Mille domande mi infuocavano nella testa.

Cosa era appena successo?
Perchè non me ne ero semplicemente andata?
Io stavo con Nick eppure perchè davanti a Luke tutti i miei principi e le mie certezze sembravano andare a quel paese?

Stavo per dire qualcosa, non sapevo nemmeno cosa, avevo come la necessità di spiegargli che non ero in me, ma le parole non parevano voler uscire. Ero davvero così ubriaca? Davvero non volevo quello?

"Devo tornare dai ragazzi, goditi la serata" Luke si voltó appena per salutarmi e con sufficienza mise insieme quelle poche parole nel tentativo di dileguarsi.

"Goditi la serata?" lo fermai impedendogli di scendere le scale, non capivo il suo improvviso sbalzo d'umore.

Siccome lui non accennava a voltarsi in mia direzione fui io a scendere i gardini e a mettermi a poca distanza da quello su cui se ne stava impalato come una sfinge.

Lo osservai con le sopracciglia aggrottate e, "Suppongo che è arrivato il momento per te di fare finta di niente come fai sempre" il suo sguardo fino ad allora sfuggente si fissò sul mio come un'incudine e le sue parole parvero piombarmi addosso tutto d'un colpo.

"Scusami?" domandai non capendo il fondamento di ciò che aveva appena detto, era davvero come diceva lui?

"Mia ogni volta che io e te parliamo, che lo facciamo seriamente" si umettò le labbra in un gesto nervoso "Dopo trovi qualche stupida scusa per andartene arrabbiata da qualche parte, darmi la colpa per dio solo sa cosa per poi ignorarmi per i giorni a venire"spiegò spingendomi accanto a lui nella balaustra delle scale con un gesto dolce, per far passare alcuni ragazzi ubriachi. "Volevo soltanto risparmiarmi quella parte, stavolta" ammise infine.

𝐒𝐞𝐫𝐞𝐧𝐝𝐢𝐩𝐢𝐭𝐲|| 𝐕𝐢𝐧𝐧𝐢𝐞 𝐇𝐚𝐜𝐤𝐞𝐫Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora