Happy To See Me?

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Rientrai in casa senza neanche salutare, in fondo che fossi a casa o meno non faceva differenza.
Dal salotto proveniva un irritante musica anni 80, di quelle che venivano usate per i videotape di fitness.
Davanti alla televisione da troppi pollici stava la sottomarca inacidita di una Barbie, anche comunemente chiamata figlia dei proprietari di casa - o ancor più comunemente chiamata da me: Suki la rompicoglioni -, intenta a fare squats con tanto di tutina aderente e scaldamuscoli.

Quegli esercizi le farebbero anche bene...se non fosse che dopo dieci minuti la puoi trovare in cucina ad ingozzarsi di cibo come un maiale.

«Che cazzo hai da guardare meticcio?» disse da dietro alla sua spalla, sembrava finalmente essersi accorta che qualcuno fosse entrato.

Fossi stato un Villain sarebbe già morta stecchita.

«Io? Proprio niente» mi guardò di sbieco, pronta a fare una delle sue solite battutine sul fatto che fossi attratto da lei, ma la battei sul tempo: «All'inizio pensavo che in soggiorno ci fosse una Kardashian ma poi mi sono accorto che quel grasso culone da mantenuta appartiene a te. Che razza di sfortuna, eh?»
Il viso le divenne paonazzo in una frazione di secondo dalla rabbia a cui io risposi con un sorrisetto compiaciuto.


È fin troppo divertente prenderla in giro.


Mi inoltrai nel corridoio principale fino ad arrivare in fondo, davanti ad una porta da cui pendeva un adorabile cartello decorato con fiori di cartapesta. Bussai piano ed entrai senza aspettare una risposta.
Seduta sul letto con le gambe a penzoloni ed un libro sulle ginocchia stava una bambina minuta, i corti capelli biondi ed i grandi occhi smeraldini la facevano apparire come una bambola.
Appena i suoi occhi incrociarono i miei un sorriso gioioso le illuminò il viso.
«Ryou-nii! Sei tornato!» mi salutò raggiante. Le arruffai i capelli con un gesto affettuoso.
«Ciao anche a te, raggio di sole» le risposi «Non è un po' tardi per rimanere alzata?»

Lei mi fece una linguaccia sorniona. «Sì, ma tanto anche se resto sveglia fino all'alba a Suki non importa.» fece una scrollata di spalle, la fissai serio.
«Papà è ancora al lavoro e Mamma non rientrerà proprio, fino a domani sera» mi disse, rispondendo alla mia tacita domanda.


Come al solito quindi.


L'angolo dell'occhio fece ancora quel movimento, lo stesso che fa sempre quando sento chiamare quei bastardi mamma e papà.
Che fosse inconscio o meno poco mi importava, era un segno, un modo per dire quanto la cosa mi ripugnasse nel profondo.


Che fastidio.


«E Suki? Ti ha trattato bene?» domandai, notando con rabbia un cerotto messo malamente sul suo piccolo indice. Lei aggrottò la fronte chiudendo la bocca in una linea sottile «È stata...molto gentile.» mi rispose senza guardarmi negli occhi, una palese bugia.
«Chisato...»
La piccola sospirò, chiudendo il libro con un gesto aggraziato.
«Quando è tornata dal suo pomeriggio di shopping mi ha preparato un panino e poi si è messa sul divano per il resto della serata» ammise amareggiata.
«E questo?» le indicai il cerotto sul dito. «Mi sono tagliata con la carta e mi sono medicata da sola. Suki ha detto che il sangue la fa stare male.»


Che scusa del cazzo.


«Tu invece? Com'era la città?» chiese, una scintilla di curiosità riaccese i suoi occhi nocciola.
Le descrissi nei minimi dettagli la mia serata, compreso il mio piccolo show da vigilante contro il rapinatore colossale.

Ovviamente omettendo la parte in cui mi sono fatto beccare come un dilettante da un Pro Hero.
Mica scemo, eh.

Adoravo vedere come i suoi occhioni si illuminavano quando mi mettevo a parlare della vita fuori da quelle quattro mura, promettendole che un giorno saremmo usciti insieme.
«Non vedo l'ora di essere grande!» disse con un gran sorriso.
«Ma non mi ripeti sempre che sei già grande?» risposi con un sorrisetto scherzoso.
«Lo sono. Ma voglio essere ancora più grande per poter uscire insieme a te!»
«E presto potrai farlo, Chi»

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