What's In His Heart

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«Questa volta ti sei cacciato in un guaio ben più grande di te, Ryousei!»

Lo sguardo confuso che il rosso mi diede, mentre si stringeva nella giacca del suo completo, era la prova che non si sentiva colpevole affatto di quel teatrino a cui avevo assistito.

Ero stato bravo a mascherare la sorpresa di vederlo lì, in mezzo alla sala, circondato da un gruppo di criminali ben organizzato, lui sembrava ancor più sorpreso di trovarmi insieme a lui nella stessa stanza. Il suo viso pallido ne era la conferma.

Non potevo avvicinarlo, né mostrarmi chissà quanto in confidenza con lui, ne avrebbe risentito la mia missione. Ma in quel momento avrei voluto tanto prenderlo in disparte e fargli una bella ramanzina sul perché fosse lì tra tutti i posti.

Il medico, suo padre adottivo, se ne stava in un angolo lontano da lui, un sorriso a trentadue denti a testimonianza di quanto fosse felice che il figlioccio fosse stato preso in simpatia da quelli che, dandogli il beneficio del dubbio, fossero persone stimate e membri integranti della società. Lui poteva non sapere nulla, ma Ryousei sapeva eccome.

Durante la cena aveva a malapena toccato cibo, preferendo invece giocare con le posate poste ai lati. Evidentemente la mia presenza lo stava mettendo in soggezione,  togliendogli conseguentemente l'appetito.

Nonostante tutto sembrava che Ryousei non avesse perso la sua lingua tagliente. Forse era un suo meccanismo di difesa quello di cominciare a sputare veleno quando era a disagio, per mostrarsi forte e sicuro di sé.

Strategia opinabile ma del resto chi ero io per giudicare?

Solo quella sera venni a conoscenza di dettagli della quale Ryousei, ero sicuro, non mi avrebbe mai detto di sua spontanea volontà. Avevo capito che sotto la facciata del fenomeno da baraccone si nascondesse un ragazzo dalla mente brillante, riflessivo ed un ottimo osservatore. Che fosse esperto di materie scientifiche, vista la natura del "dono" che gli era stato fatto, era da aspettarselo, e la cosa stranamente mi preoccupava, perché ciò significava che Ryousei non lasciava mai niente al caso.

Le miriadi di espulsioni che aveva collezionato non mi stupiva granché: con un carattere da vero peperino, come lo aveva definito una volta Toga, che si era attribuito era difficile pensare che se ne sarebbe stato seduto ad un banco a comportarsi come uno studente modello.

La cosa che però suscitò la mia preoccupazione fu la menzione al suo unico precedente penale.

Tentato omicidio?

Per poco non mi strozzai con il boccone che avevo in bocca. Ryousei aveva quasi ucciso una persona, un ragazzo suo coetaneo, con il suo Quirk. La cosa brutta è che non riuscivo a trovare una motivazione decente per discolparlo, tutto del suo carattere mi diceva che non avrebbe avuto problemi a farlo e la sua reazione ne era una prova lampante.

Con un gesto che aveva preso alla sprovvista persino me aveva lanciato il coltello che aveva in mano contro Re Destro. Mezzo centimetro più in là e avrebbe riso molto meno. Ormai era chiaro che il Fronte di Liberazione Paranormale avesse preso le informazioni necessarie riguardanti Ryousei, prima di reclutarlo, ma non pensavo che le sbandierassero così pubblicamente di fronte al diretto interessato.

Era palese che quella fosse la verità, nuda e cruda, e Ryousei lo sapeva bene.

Si alzò di scatto dalla sedia e uscì dalla stanza, camminando a passo svelto e senza guardarsi indietro.

Voleva scappare.

«Meglio che vada a cercarlo», disse il signor Majima riponendo posate e tovagliolo elegantemente sul tavolo, «Tra le sue tante qualità, purtroppo Ryousei non ha un buon senso dell'orientamento. Non voglio che si perda» e anche il medico fece la sua uscita di scena.

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