A Mother's Duty

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«Puoi spiegarmi cosa diavolo hai fatto tutta la notte fuori? E perché sei conciato così?» l'avvocatessa mi riempie di domande seduta al posto di guida della sua auto, passandomi una mano tra i capelli di cui alcune ciocche sono rimaste bionde dalla sera prima.
Praticamente non ho chiuso occhio impegnato com'ero a trovare un posto sicuro dove quel piccione mestruato non potesse trovarmi.
«Perché sei pieno di tagli? E dove è finita la tua giacca?» domanda con ancora più insistenza, evito di risponderle cacciandomi in bocca un'altra brioche e mangiandola avidamente.


Figurati se le dico cosa diavolo sono andato a fare tutta la notte.


La donna si parcheggia al primo posto vuoto che trova, spegnendo la macchina e girandosi verso di me, i suoi occhi lavanda mi fissavano con preoccupazione «Ryousei, per favore, parlami. Non posso aiutarti se non mi spieghi cosa ti passa per la testa.»

Sospirai. In fondo ha ragione, non può certo prendere la bacchetta magica e capire cosa stia pensando. Il problema è che io penso ad un sacco di cose.

«Il giaccone si è sfilacciato e ho dovuto buttarlo via.» lei mi guardò perplessa «Hai avuto un incidente con il tuo quirk?» chiese. Annuì con la testa. Non è una bugia, è una mezza verità, diciamo.
«E questi lividi? Guardati, hai tagli dappertutto...» e mi passò il pollice sulla guancia, probabilmente arrossata per via della panchina su cui avevo poggiato la faccia per dormire. «Non guardavo dove mettevo i piedi e sono caduto giù da una scalinata.» e questa, mio malgrado, non è una bugia.

Ero troppo preso a far tornare la mia faccia normale dopo averla trasformata in quella di quel maledetto avvoltoio assillante - pessima idea tra l'altro - che ho messo un piede sbagliato e sono rotolato giù dalle scale in perfetto stile Benny Hill's show.

«È successo qualcosa a casa?» mi chiese ad un tratto, facendomi strozzare con il caffelatte che mi aveva portato «Perché questa domanda?» lei mi guardò alzando un sopracciglio «Ti ho trovato addormentato in un acquario. - constatò l'ovvio - Quando sei stressato, o semplicemente giù di corda vai sempre a rintanarti in un acquario. Il ché capita più spesso di quanto te ne renda conto.»

«Tu mi conosci troppo bene, Isa.» me ne uscì, lei accennò ad un sorrisetto «Ti conosco da ben undici anni, vorrei ricordarti.»
E già.
Undici lunghi anni in cui ha passato più tempo a tirarmi fuori dai casini che a fare effettivamente l'avvocato. Ed un po' mi sento in colpa.

«Ha avuto un'altra delle sue crisi? Per questo sei stato in giro tutta la notte?» domanda ancora. Mi rifiuto di rispondere, sorseggiando il più lentamente possibile il mio caffelatte, sperando che non notasse che le mie mani stessero tremando. Un sospiro le esce dalle sottili labbra, ha capito che non intendo andare avanti con quel discorso.




E che cazzo le dico?! Qualcosa del tipo: "Oh, sai sono letteralmente scappato da l'Hero numero due in classifica, l'ho insultato e gli ho anche dato un pugno in faccia"?




«Ho capito...» e riaccende la macchina, immettendosi nella circolazione di auto. La guida è in completo silenzio un po' perché non ho molta voglia di chiacchierare...e poi perché non so come intavolare un discorso senza che lei indaghi ulteriormente.

A volte Isa sa essere...pesante? Ficcanaso?



Credo che apprensiva sia il termine giusto.




Ci fermiamo in centro, davanti ad un negozio di abbigliamento. La guardo confuso «Non vorrai seriamente rientrare conciato in quel modo. - e mi tirò la maglietta oramai ridotta ad uno straccio - Ti prendo dei vestiti nuovi, magari di stagione visto quello che hai addosso.»
«E posso scegliere quello che voglio?» lei si slacciò la cintura e mi diede un'occhiata «Nel limite della decenza, mi raccomando.»





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