DUE ANIME

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Erano passati tre anni da quel giorno. Dilara era nata prematura di due mesi, era stato un incubo per Demet il post parto, i giornali erano impazziti senza sapere come la notizia era trapelata, ma Can non si fece sentire probabilmente la notizia nemmeno l'aveva letta. I mesi gli anni proseguirono la carriera di Demet era andata avanti, non era diventata la star mondiale che desiderava, però in compenso aveva un diamante con lei, che storpiava le parole e con una grande passione per la danza. Aveva trovato anche l'amore, non quello passionale come quello che aveva con Can ma con Demir al suo fianco riusciva ad andare avanti. Aveva molte volte provato a prendere il telefono in mano per comporre quel numero che aveva sempre saputo a memoria ma non riusciva proprio a concepire l'idea di dire a Can di sua figlia, era andato avanti , era diventato una star mondiale, in Italia in ogni canale c'era solo lui da show televisivi a veri e propri film, all'inizio sui giornali usciva con donne diverse, ma da un paio di anni aveva messo la testa apposto, a quanto sembrava faceva coppia fissa con un'attrice italiana, della quale Demet non aveva mai chiesto il nome o meglio evitava anche solo di leggerlo o almeno faceva finta di non saperlo. Can le sembrava felice e quello le bastava magari lei non riusciva a completarlo, in fin dei conti anche lei aveva un uomo al suo fianco che non avrebbe mai amato come Can ma almeno si prendeva cura di lei. Per quanto riguarda Dilara, Demet era gelosa nessuno oltre i familiari avevano visto una sua foto, e Demir l'aveva vista di sfuggita, non riusciva proprio a vedere Demir come padre della sua bambina.
A distrarla dai suoi pensieri era la sua nanetta che le tirava il vestito mentre stava cucinando.
"Mammina ho fame" quella vocina che ancora non pronunciava tutte le parole per bene le riempiva l'anima. Era uguale al papà, aveva i capelli castani a boccoli che le ricadevano sulle spalle, occhi profondi e una perspicacia che avevano poche bambine.
"Amore di mammina" disse Demet prendendola in braccio
"Ti faccio assaggiare il mio sughetto" disse intenda a soffiarle il sugo per evitare che si bruciasse.
"Buoissimo, sei bavissima mammina"
" E tu sei la mia patatina che si mangia le parole" disse questa volta ridendo toccandole il nasino.
La piccola Dilara si dileguò dalla cucina e si mise davanti al televisore che trasmetteva un film di Natale. Ad attirare l'attenzione di Demet fu quella scena. Dilara seduta sul tappetino vicino alla TV, che per qualche scherzo del destino, stava vedendo un padre e una figlia che giocavano a palle di neve.
La piccola si girò verso di lei "Vei mammina lei ha il i suo papi, io no invece"
Quelle parole furono come una pugnalata che le arrivarono diritto al cuore e le fecero tornare in mente ricordi che aveva sepolto nello spazio più buio del suo cuore. Come faceva a dirle la verità, lei sapeva chi fosse sua padre le aveva fatto vedere foto film ma le aveva sempre propinato l'idea che era troppo famoso e che aveva troppi film da girare e non poteva tornare a casa. Sapeva benissimo che quella scusa non avrebbe retto a lungo, la sua bimba che voleva proteggete a tutti i costi stava diventando grande e avrebbe scoperto la verità.
"Amore" disse avvicinandosi a lei "ti prometto che un giorno tornerá e tu potrei fare tutto quello che vuoi con il tuo papi" sapeva che probabilmente le stava raccontando un'altra bugia ma non riusciva proprio a dire qualcosa che potesse ferire quei suoi occhi color nocciola.
"Quindi non laoreá più" ( Quindi non lavorerà più) disse Dilara con la voce sognante.
"Amore un giorno verrà e starà sempre con te e ti amerà solo come ho fatto io in questi anni e farò sempre piccola stella, dai adesso vieni a mangiare che poi andiamo da zio Onur così balliamo" con quelle parole la piccola sembrò tranquillizzarsi, in fondo ogni volta che Demet le nominava il ballo cambiava espressione. Questa passione l'aveva presa proprio dalla mamma non riusciva a resistere a scatenarsi in pista nonostante avesse solo tre anni.

Demet non sapeva bene cosa fare forse era giunto il momento di fare sapere a Can la verità oppure si sarebbe dovuta portare questo macigno logorante fino alla fine il che risultava sempre impossibile.
Senza pensarci compose il numero di Can. Il telefono squillo una, due tre volte.

Rispose

"Demet"

Silenzio

"Demet sei proprio tu?"

Silenzio, ancora una volta non riuscì a rispondergli, senza pensarci chiuse il telefono. Era stata forte a comporre quel numero ma aveva fallito di nuovo non era riuscita a dire una parola.

Can, New York 4 di mattina
Si rigirava nelle coperte, era agitato era da tanto che non si sentiva come un adolescente in crisi durante la notte. Al suo fianco giaceva Francesca ormai sua partenet fissa da un paio di anni, con lei si era riuscito a fare una vita, è stata la sua cura. Si era cacciato un troppi guai in pochi mesi era finito in tutti i giornali di gossip, il rapporto con Demet era naufragato e non sapeva dove sbattere la testa. Ma di lì a poco arrivò un progetto lavorativo "Viola come il mare" e quella ragazza, la sua cooprotagonista, gli aveva scombussolato la vita, proprio grazie a quella ragazza dal cuore meridionale e dalla passione spagnola, aveva portato quiete nella sua vita gli aveva donato una serenità che lui stesso aveva mandato a puttaane. Non si sa se poteva dire che ne era completamente innamorato ma comunque provava un sentimento molto vicino all'amore.
Ma quella notte nell'aria c'era qualcosa di strano si sentiva agitato e infatti quella notte qualcosa scombussolò la sua esistenza, la sua sanità mentale.

Uno squillo

Due squilli

Tre squilli

Al terzo rintocco del suo cellulare decise di prenderlo in mano, per evitare che la donna che giacevava al suo fianco si potesse svegliare.

Lesse il nome

Perse un battito

Poi due

Poi tre

Sentiva le mani tremare e il cuore collassare.

Era lei, non aveva mai cancellato il suo numero.

Rispose non ci penso due volte

"Demet"

Dall'altra parte non si sentì nulla solo un sospiro o forse un principio di pianto ci avrebbe giurato.

"Demet sei proprio tu?" Domanda retorica sepeva che era proprio lei, non si dava pace si strizzava le mani, le stava torturando si chiedeva perché avesse composto quel numero.

Dall'altra parte non si sentì più nulla aveva chiuso. Ma sapeva che quella notte ormai mattina qualcosa era cambiato.

Qualcosa era cambiato per sempre.

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