Ending Chapter

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E aveva ragione.
A Londra circa cinque ragazzi ci hanno chiesto se fossimo fidanzate.
E se volessimo bere qualcosa con loro.
Uno di loro era addirittura un calciatore del Chelsea: Mason Mount.
Ammetto che sia davvero un fregno, ma per sua sfortuna trovavo il mio Nicolò mooolto più interessante di lui.
Nonostante ciò, all'inglese non interessava realmente provarci e uscire con una delle due.
Anzi, mentre Ilaria parlava con suo marito, ne ho approfittato per parlarci e conoscerlo.
In quel momento ero molto fiera del mio inglese, realizzando di poter sostenere una conversazione con un madrelingua.
Mi capiva, annuiva, mi rispondeva, e infine mi faceva i complimenti per la mia pronuncia, nonostante l'accento sudamericano.
Gli dissi di Nicolò, e mi chiese anche di raccontargli un po' la nostra storia: come ci siamo conosciuti, come ci siamo innamorati, e se adesso stiamo bene insieme.
Mi farebbe piacere se un giorno potesse venire a trovarci a Milano, per passare un po' di tempo in compagnia.
Parlai di lui a Nicolò.
Inizialmente era leggermente geloso, ma quando sentì che Mason era fidanzato, si calmò.
Mi mancava molto, ma ormai il mio viaggio era in scadenza.
E quando finalmente tornai a Milano, non mi sarei mai aspettata quello che effettivamente mi stava aspettando.
Nicolò mi abbracciò forte e mi condusse in auto.
Ci fermammo presso un belvedere e mi invitò a scendere dall'auto.
"Durante la tua permanenza a Londra ho riflettuto molto, e sono arrivato ad una conclusione" mi confessò.
"Sei la persona più importante della mia vita, e non ho intenzione di lasciarti andare. Anzi, voglio marcare con un sigillo questo nostro amore" continuò.
Poi si inginocchiò al terreno e frugò nella sua tasca.
Iniziai a realizzare ciò che stava per chiedermi.
"Eva Milito, vuoi sposarmi?" domandò, estraendo da un cofanetto un anello di diamanti circondati da oro bianco.
Ma in quel momento dell'anello me ne importava ben poco.
Lacrime iniziarono a sgorgare, insistenti dai miei occhi.
Ero in un lago sommerso di emozioni, quando finalmente riuscii a sussurrare: "sì, sì, ovvio, certo che ti sposo".
Ci baciammo per minuti interminabili, e ancora non riuscivo a metabolizzare l'accaduto.
Io, lui, noi.
Era tutto quel che contava in quell'istante.

Qualche mese dopo...

Sapevo cosa tutti stessero pensando.
I soliti pensieri da matrimonio, come 'che bel vestito', 'com'è bella', ma sono certa che la maggior parte degli invitati stessero pensando a quanto somigliassi a mio padre.
Lui, che mi sorreggeva tenendomi a braccetto e accompagnandomi dal mio futuro marito.
Quest'ultimo mi guardava, sull'orlo del pianto.
C'erano circa 100 invitati, tra le nostre famiglie, qualche ragazzo della squadra, qualche compagno di Nicolò della nazionale, e i miei amici.
Tra questi, anche Mason.
Alla fine era venuto a trovarci a Milano proprio per quell'occasione.
Il mio matrimonio.
Lui e Nicolò si conobbero, e fecero anche amicizia.
Infatti mio marito qualche giorno prima mi affermò di essere felice di averlo al nostro matrimonio.
Adele sorrideva dal suo posto quasi accanto a me, come damigella d'onore e mia testimone.
Come suo corrispondente, Brozo per Nicolò.
Giunsi all'altare.
Mio padre mi lasciò nelle mani di Nicolò.
Lui mi spostò il velo dal volto e mi lasciò un bacio sulla tempia.

A fine cerimonia...

Uscimmo dalla chiesa finalmente come marito e moglie.
Confetti e riso venivano lanciati in aria.
Ci accomodammo nell'auto per dirigerci a scattare le foto di rito.
Il fotografo ci attendeva lì.
Ma, prima di mettere in moto, Nicolò mi guardo.
Mi baciò appassionatamente e poi mi disse, sussurrando quasi fosse un segreto: "quindi adesso sei mia moglie".
Un altro sorriso si formò sul mio volto.
Poi si avvicinò al mio ventre, vi posò una mano sopra, e disse, parlando con esso: "visto figlio mio? Adesso io e la mamma siamo marito e moglie".

Qualche anno dopo...

Nicolò varcò la soglia della nostra nuova casa.
Tanto nuova non era, poiché la possedevamo dal nostro matrimonio, ben 4 anni prima.
Si avvicinò al divano e mi lasciò un bacio sulle labbra.
Matias e Sofia si fiondarono nelle sue braccia.
Lui si apprestò a baciare anche loro sulla guancia e sulla fronte.
Matias era il mio primo figlio, nato qualche mese dopo il mio matrimonio.
Mi somigliava molto.
Più che a me, trovavo somiglianza in lui con Leandro.
Sofia era la seconda, nata solo un anno dopo.
Lei era la fotocopia di Nicolò, quasi bionda come lui e occhi scuri, a differenza dei miei.
Si sedette sul divano accanto a me, con entrambi i bambini in braccio.
"Papà non dai un bacino anche al fratellino?" disse Matias.
"Certo che sì" rispose lui.
Si chinò e posò le sue labbra sul mio pancione, ormai al sesto mese.
Aspettavo il terzo bambino, e amavo osservare i miei figli essere così emozionati all'idea di avere un fratellino.
"Ma come si chiama?" chiese Sofia.
"Papà e mamma non hanno ancora deciso" dissi.
"Che ne dite di Diego?" domandò Nicolò a tutti.
"Siii" risposero i bambini, in coro.
"Vuoi chiamarlo come mio padre?" esclamai, sinceramente.
"Esatto" e mi baciò di nuovo.
Osservai la mia famiglia.
Finalmente, potevo dire di averne una.
Ero al settimo cielo.
Non riuscivo a smettere di sorridere.
Pensai che sì, effettivamente potevo definitivamente accostare alla mia vita e a me stessa la parola felice.
Con un marito che mia ama, due figli dolcissimi e una famiglia che mi sostiene.
Potrei dire finalmente che è questa Eva Ada Milito.
The end.

Zimonz17

"Just Friends" | Nicolò BarellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora