WIMBLEDON

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È la prima cosa che si insegna ad un giocatore di tennis professionistico.

Simone l'ha fatto diventare il suo credo.

Lo ripete a memoria.

Ogni tanto imita una scena di un film degli anni novanta, che ha visto parecchi anni prima e di cui non ricorda neanche il titolo - ricorda solo che aveva a che fare con una radio.

Finge di essere il protagonista, s'immagine di essere davanti ad un microfono e ripete a memoria quel monologo.

Non mi devo fidare.

Non mi devo fidare del mio entourage, del mio allenatore - anche se è mio padre - dei miei sponsor.

Non mi devo fidare dell'addetto all'incordatura della mia racchetta - perché l'ultima volta che l'ho fatto, ho perso miseramente, perché mi sono ritornate tutte con il suo cuore rotto*.

Non mi devo fidare dell'ultimo arrivato nel circuito o del veterano, che me vogliono solo vedé affondare.

Non mi devo fidare dei giornalisti, che distorcono la realtà e mi mandano a picco dopo avermi portato sulle stelle.

Non mi devo fidare.

Se lo ripete ogni giorno, Simone.

Negli ultimi tempi, però, è successa una cosa non tanto strana.

Una cosa che è tipica di chi certi discorsi quando vengono ripetuti troppo, senza neanche capire il perché si dicono certe cose.

Succede che Simone si è completamente dimenticato di una cosa fondamentale, una delle cose che Jacopo e Dante gli hanno sempre ripetuto.

Non ti fidare del pubblico, Simó.


***


8 luglio 2025 - Semifinale Wimbledon

Simone e Jacopo condividono pochi ricordi.

E quei pochi non hanno colori vivaci - di quelli che arricchiscono i ricordi felici - ma sono tutti filtrati da toni freddi, che quando solo per sbaglio li sfiori con il pensiero, si insinuano fin dentro le vene, si mischiano al sangue e entrano in circolo fino ad arrivare al cuore, rendendo impossibile qualsiasi pensiero.

O meglio, qualsiasi pensiero che necessita colori vivaci.

Però esiste un ricordo - uno solo - che entrambi hanno e che ha colori ingialliti - forse perché, come le foto, ha subito il passare del tempo ed il fatto che nessuno dei due ha mai avuto il coraggio di riportarlo a galla.

Nel ricordo ingiallito, i gemelli hanno a malapena cinque anni e rovistano rumorosamente nei cassetti dello studio di Dante.

Lo facevano velocemente perché loro padre era sempre stato attento a tener quel posto chiuso e quella era stata la prima volta che i due avevano avuto l'occasione di mettere il naso tra la sua roba.

Ad un certo punto i due, però, s'erano fermati, distratti da una foto ingiallita  -  quasi quanto lo è questo ricordo - e s'erano messi a fissarla.

In quella foto, vicino al margine sinistro, i due bambini avevano riconosciuto loro padre.

La versione più giovane dell'uomo era in piedi, con qualcosa stretto al petto - che per i due bambini non era altro che un grande piatto argento - e che guardava in maniera distaccata un'altra persona che, invece, era al centro della foto, le mani strette attorno una coppa d'oro e le braccia allungato verso il cielo.

Erano entrati per la prima volta su un campo da tennis pochi giorni prima, Jacopo e Simone, e mentre il primo era attirato da quella foto per la figura dell'uomo che era loro padre, il secondo si domandava solamente perché il terreno su cui i piedi di quelle persone erano poggiati era verde e non rosso, come l'aveva visto lui.

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