2- Scontri

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Mel

"A chi non smette di cercare.
Da qualche parte, in un posto,
ci son fiori che nessuno ha colto"
-San Lord Sea Estate-

Le persone tendono istintivamente a rifiutare ciò che è diverso.
Spesso l'essere umano fugge dall'ignoto usando la violenza o l'arroganza. Oppure entrambe.
L'ignoranza, però, rimaneva per me la più pericolosa, insieme alla paura e alla sua cattiva gestione.

Io mi ero sempre sentita "diversa" e mi trovavo a mio agio con chi, come me, cercava, giorno dopo giorno, il proprio posto nel mondo.

La mattina seguente Jason mi accompagnò a scuola con la sua Golf metallizzata che sembrava, letteralmente, venerare.

Odiavo i cambiamenti ma, soprattutto, odiavo stare al centro dell'attenzione.

Forse non era vero che fosse odio il mio, era più che altro paura.
Conoscevo fin troppo bene la sensazione di sentire la terra scomparirti sotto ai piedi, o quella di non piacere.

E non c'entrava niente né il mio aspetto fisico - che poteva benissimo venire considerato così comune da passare inosservato- né il mio carattere, ma il modo in cui, in passato, i miei compagni di scuola avevano preferito starmi alla larga.

"La mela non cade mai lontano dall'albero" diceva il proverbio e loro dovevano aver fatto di quel detto uno stile di vita.

E per molti anni lì a Willow Grace avevo avuto stampato in fronte l'appellativo "strana", una potenziale minaccia per i miei vecchi compagni di scuola, come se in qualche modo avessi potuto contagiarli con i problemi della mamma.

E se a Seattle ero riuscita a crearmi una nuova identità, seppur mantenendo un profilo basso praticamente sempre, ero terrorizzata dall'idea di quello che avrei potuto ritrovare lì.

Per lo stesso motivo, quel primo giorno di scuola, avevo scelto di indossare una semplice maglietta azzurra e un paio di jeans a vita alta dello stesso colore. Converse scure e qualsiasi altra cosa potesse aiutarmi a confondermi tra la folla.

Eppure, dal numero di sguardi che mi ritrovai addosso non appenai varcai i cancelli, sembrava quasi che avessi scelto di andarci nuda.

La cosa positiva fu che le facce conosciute furono pochissime, così poche che iniziai a pensare che gli studenti mi fissavano solo perché in fronte avevo scritto "novità" e non perché sapessero di mia madre.

-Ecco la vostra classe, madame- Jason mi indicò l'aula di letteratura subito prima di salutare con un pugno un ragazzo.

Avevo presto scoperto che Jason era uno dei giocatori della squadra di basket della scuola.
Ed era straordinariamente ben inserito nel corpo studentesco.

A confermare la sua popolarità fu la quantità di tempo che ci mettemmo per arrivare al secondo piano. Sembrava proprio conoscere ogni cavolo di studente lì dentro e, sebbene fossi contenta per lui, non era proprio il massimo per una che voleva mantenere un profilo non basso, ma inesistente.

-Grazie Jase, però lo sai che non devi dare retta a mio padre, vero?-

-Non so di cosa parli-

Si fermò davanti alla porta ancora aperta della mia aula sollevando il mento a mo' di saluto a qualche studente che stava entrando.

-Ho sentito quello che ti ha chiesto di fare stamattina, ma ti giuro che non ho bisogno di aiuto. Me la so cavare.-

Mi mordicchiai il labbro quando incrociai distrattamente lo sguardo di un mio nuovo compagno di corso.

Look up - Let's play with destinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora