42- Dieci dollari

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Damian

"A ciascuno di voi è riservata una persona speciale. Per ricongiungersi a voi viaggia attraverso gli oceani del tempo e gli spazi siderali. Viene da altrove, dal cielo. Può assumere diverse sembianze, ma il vostro cuore la riconosce."
-Brian Weiss-

Tre mesi dopo

Lo sceriffo rigirò la punta del coltello nella bistecca puntandomi addosso i suoi occhi scuri.

Mel lo fulminò con lo sguardo ma io levai la mia mano dalla sua coscia.
Da una parte potevo capirlo, se avessi mai avuto una figlia col cazzo che sarebbe mai stata toccata sotto ai miei occhi.

I miei genitori avevano insistito che organizzassimo una cena tutti insieme, Mel non ne era stata entusiasta mentre io avevo categoricamente rifiutato l'idea.

Ma erano ormai passati mesi e io e Melanie ci vedevano ogni fottuto giorno.
Praticamente la mia vita girava intorno alla ragazza che mi sedeva di fianco e così alla fine ci eravamo arresi.
Ed eccoci qui.

Dopo quello che era successo al ballo, Sean si era beccato una stramaledetta denuncia. Neanche il suo paparino sindaco era riuscito a convincere il tribunale a chiudere un occhio.
Presto si sarebbe svolto il processo, e seppur Hamilton fosse ancora minorenne, c'erano buone possibilità che venisse trattato come un adulto.

La pena poteva costargli un anno di reclusione ma io speravo che potesse marcire all'inferno. Intanto era stato espulso da scuola e qualsiasi college ci avrebbe pensato due volte prima di accettare uno studente con una fedina penale come la sua.

-Mel hai ricevuto notizie da Princeton?- mia madre deviò il discorso e mi raddrizzai sentendo la solita stretta allo stomaco.

-Non ancora- rispose Mel torturandosi il labbro.
Io, al contrario di lei, non avevo alcun dubbio che sarebbe stata ammessa; l'idea che prima o tardi si sarebbe trasferita in New Jersey continuava a torturarmi.

-Sono sicura che andrà bene, e poi la Columbia dista così poco da lì- mi irrigidii e mia madre mi fissò pentendosi all'istante di aver parlato.

Teoricamente, come avvocato, doveva saper scegliere le parole, ma non quella sera.

Melanie si fece di ghiaccio. Per poi voltarsi verso di me.

-Sei stato ammesso?- tutti i presenti ammutolirono. Per un momento il nodo alla gola mi strozzò.

Ero stato così scioccato dal contenuto della lettera che non avevo pensato a un cazzo, se non ai mille motivi per il quale ero la persona meno adatta per un posto come la Columbia.

Ma, incredibilmente, ero stato ammesso al loro corso di ingegneria e non sapevo ancora come sentirmi a riguardo.
Mel aveva avuto uno strano effetto in generale su di me, ed era riuscita a convincermi a fare un tentativo.

Io, Damian Hale, al college; solo il pensiero mi faceva venire l'orticaria.

Gli occhi di Mel si offuscarono di delusione. Sicuramente si aspettava che l'avrei almeno informata dopo che aveva passato ore insieme a pensare a come scrivere quella lettera, e convincere il rettore che fossi la persona giusta per la sua università.

-L'ho saputo oggi, te lo avrei detto stasera- riuscii finalmente a dire.

Mi guardò per un altro momento per poi limitarsi ad annuire e distogliere lo sguardo.

Mia madre si sforzò di cambiare discorso ma Mel sembrava su tutt'altro pianeta mentre si versava un bicchiere d'acqua e restava in silenzio.

Odiavo quando succedeva.
Quando litigavamo.
La maggior parte del tempo andava tutto bene, discutevamo spesso, soprattutto per il mio carattere di merda, ma raramente si trattava di cose importanti.
Quando, però, le cose sfuggivano dal mio controllo io non sapevo mai che cazzo fare.

Look up - Let's play with destinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora