7- Il sole ostinato

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Mel

"Stelle erano nate e morte nei suoi occhi"
-Sarah J. Maas -

Il cielo era color fiordaliso, e non potei fare a meno di immaginare la mamma uscire in giardino e sistemare il proprio cavalletto da lavoro.

Da bambina mi piaceva guardarla dipingere, quando lo faceva non sembrava mai triste ma poi, non soddisfatta del risultato, aveva quasi sempre gettato via tutto.

Elizabeth Anderson non era mai riuscita a togliere le lenti grigie che sembravano ottenebrarle la vista e privarla dei colori della vita.

E io, in quel momento, me ne stavo seduta in veranda a fissare lo schermo del mio cellulare come una codarda.

Carl mi aveva ricordato di chiamarla e, seppur avesse notato il mio nervosismo, aveva deciso di non commentare.

Io amavo la mamma.

L'amavo talmente tanto che starle lontano mi procurava dolore fisico.

Ma l'idea che potesse arrendersi mi spaventava ancora di più, perciò, starle lontano mi andava bene se le avesse permesso di stare meglio.

Puoi amare qualcuno con tutto te stesso ma non basterà il tuo amore a salvarlo.

Sospirai, guardando di nuovo in alto, e premetti il tasto di avvio chiamata.
La linea suonò un paio di volte prima che la voce della segretaria della clinica prese la chiamata.

La mamma era una nuova paziente e, per un po', poteva solo ricevere chiamate, inoltre sospettavo che il mio comportamento l'avesse stressata non poco.

Lei non poteva permettersi ulteriori pensieri in quel momento e io mi sentii un'egoista di prima categoria.

-Le passo subito Elizabeth, buona giornata- salutai nervosamente la donna del centralino mordicchiandomi le pellicine del pollice in attesa.

-Pronto?- nel sentire quella voce familiarmente flebile smisi di torturarmi il dito sentendo un soffio al cuore.

-Mamma?- ci fu un attimo di silenzio.

-Melly sei tu? Oh, tesoro, che bello sentirti!- socchiusi gli occhi, non era arrabbiata, era semplicemente felice di sentire sua figlia.

-Scusami se non ho chiamato prima, sai la nuova scuola e tutto il resto...- risultai patetica perfino alle mie orecchie.

-Sì, capisco. E come ti stai trovando? Con Carl come va?-

-Sto bene mamma, papà e Julie sono molto gentili e Jason è fantastico-

-Il figlio di Julie, non ha la tua stessa età?-

-Sì, è così- deglutii riprendendo a mordicchiarmi il pollice.

-E tu, invece? Come ti senti?- la familiare stretta al petto si allargò e scacciai le immagini che, di notte, continuavano a infestare i miei incubi. La sentii sospirare piano.

-Ecco tesoro ... io ti devo delle scuse piccola. Lo so che non cambieranno nulla di quello che è successo ma sono giorni che volevo parlartene. Mi dispiace tanto, non avrei mai dovuto...- iniziò a singhiozzare e l'angoscia che mi aveva accompagnato per tutta la vita riemerse prepotente.

-Mamma va tutto bene, dico sul serio, non pensarci più per favore. Forza raccontami della clinica, ti trattano bene? Ti serve qualcosa?- cercai di distrarla e infatti i singhiozzi a poco a poco si affievolirono.

-Sì insomma va bene qui. Zia Rose è in contatto con i dottori e credo che darebbe fuoco all'intera struttura se facessero qualcosa di sbagliato- cercò di alleggerire il tono e io sorrisi.

Look up - Let's play with destinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora