30- Mindfulness

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Damian

"Dannati siano
gli attimi perduti
per orgoglio,
superficialità
e paura."
-Marzio Pellegrini-

Il sacco oscillò lamentandosi al mio ennesimo colpo. Era un'ora che andavo avanti così.
Un colpo dopo l'altro.
Ancora e ancora.

"Scopati chi vuoi, io farò lo stesso."
Vaffanculo.

I metallica urlavano a tutto volume mentre le mie nocche avevano iniziato a sanguinare.

Un altro colpo.
Gli occhi tristi di Melanie tornavano a torturarmi.
Che cosa diavolo era successo?

Stava andando tutto bene.
Doveva essere colpa di Vanessa.
Le avevo viste sugli spalti, Mel mi era sembrata furiosa, e cazzo se era bella da arrabbiata.

Fermai il sacco asciugandomi il sudore dalla fronte.
Stavo impazzendo.
Ero così incazzato che ero andato via dagli allenamenti nonostante le urla del coach.
Avevo fermato Vanessa che era sbiancata di fronte alla mia reazione da squilibrato.

Lei aveva replicato al mio assalto dicendo che dovevo aver frainteso e che non era successo nulla con Mel.
Certo come no.

Mi sedetti sul bordo del letto prendendomi la testa tra le mani, la voce nella mia testa tornò a torturami con la sua fottuta verità.

Vanessa non c'entrava un cazzo, il problema era il nostro stupido compromesso.
Il problema eravamo noi.

Cosa voleva Melanie da me?
Stavo facendo cose per lei che non avrei mai creduto di fare per nessuna.

Ecco perché non volevo creare aspettative, perché poi andava sempre tutto a puttane.

E poi mi aveva fatto quella domanda.
Perché volevo lei?

Mi sentivo scoppiare la testa ogni volta che ci pensavo.
Ricordai come la principessa aveva riso quel giorno in spiaggia, e poi il suo sorriso.
Cazzo mi aveva sorriso in un modo...

Perché lei?
Non lo sapevo.
Mi piaceva averla intorno era bella, sexy, divertente e intelligente.

E riusciva a farmi ridere, che di per sé era già un miracolo.

Perché lei?
Che cazzo voleva sentirsi dire?
Beh qualsiasi cosa desiderasse avevo sbagliato, perché come un idiota non ero riuscito a dirle una parola.

Mi ero sentito come quando a sei anni la lingua mi si incollava al palato e non voleva saperne di muoversi.

Spensi la musica quando notai Nate sulla porta.
-Sto uscendo- mi fissò preoccupato, sbuffai col naso.
Dovette interpretare male il mio silenzio perché entrò chiudendosi la porta alle spalle.

-Che cosa sta succedendo?- mi osservò attento, quando mi guardava così sapevo che voleva parlare.
-Lasciami in pace, Nate- mi passai una mano tra i capelli. Mi guardò per un lungo momento e poi sospirò, mi conosceva abbastanza da sapere che quando ero così volevo starmene per i cazzi miei.

-Okay, come vuoi. Io sono da Dean se hai bisogno di qualcosa. Devo tenere d'occhio Melanie per caso? -
Quindi sarebbe andata a casa di quell'idiota, brava.
Scossi le spalle mentre la voglia di riprendere a pugni il saccone tornava prepotente.
Mi fissò esasperato e sapevo cosa pensava, cioè che ero stato esagerato la volta scorsa.

Look up - Let's play with destinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora