14- Look up

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Mel

"E chiamami se non riesci a sentirti speciale, ti presto i miei occhi per poterti guardare."
-Marzia Sicignano-

Damian stava osservando le stelle, la sua espressione era così intensa che non riuscivo proprio a smettere di guardarlo.
Il profilo perfetto era pallido sotto alla luce della luna e, senza il solito sorrisetto a macchiargli la faccia, sembrava un'entità sovrannaturale.
Damian era diverso da ogni altra persona avessi mai incontrato.

Le parole mi scivolarono sulla lingua prima che potessi fermarle.
-Fai questo quando sei triste?- i suoi occhi brillarono più del cielo sopra di noi e pensai che vi fosse nascosto un intero universo e che questo si sarebbe svelato se solo lui avesse smesso di fuggire. La sua voce riempì la notte con il suo timbro caldo.
-Guarda in alto. Migliaia di persone fanno lo stesso, alzano gli occhi e desiderano qualcosa-

-E cosa desideri tu?- le stelle ci avvolsero mentre il tempo sembrava rallentare aspettando la sua risposta.

-Di essere come quelle persone per crederci ancora. Smettere di guardare in alto e sentirmi comunque solo- la sua risposta mi colpì dritto al petto.

Lo imitai e mi persi nel bagliore delle stelle sopra di noi.
-Nessuno è mai realmente solo- dissi dopo un po'.
-Eppure tutti si sono sentiti soli almeno una volta nella vita- continuai dando voce ai miei pensieri.

Mi sentivo stranamente protetta dalla notte, come se, in quel momento, tutto fosse esattamente al suo posto.
I suoi occhi scesero nei miei e dimenticai il cielo sopra di noi.

-Allunga una mano e fai scendere la notte, di giorno è difficile guardarti e non sentirsi rotte- la sua voce recitò un'altra mia poesia e il mio cuore tremò.

-Qualcuno ti ha fatto del male principessa?- la sua domanda mi sorprese. Sbattei gli occhi abbassando lo sguardo sulle mie mani.

-Pensavo che non ti interessasse sapere altro di me- erano giorni che alternavo stati d'animo conflittuali.

Passavo da osservarlo a scuola e detestarlo, a desiderare che mi fermasse e mi guardasse di nuovo, continuamente.
Quello che però rifiutavo di ammettere a me stessa era che ogni giorno, a ogni allenamento, a ogni ora di letteratura e a pranzo non mi ero persa nemmeno un suo movimento.

-Molto spesso sono un idiota. Credo faccia parte di me ormai, ma ne accetto le conseguenze. Sempre. - mi guardò con un sorriso amareggiato e capii che quelle erano il massimo delle scuse che Damian Hale concedesse.

Presi un lungo respiro e tornai a guardare in alto sentendo il cuore battere forte nel petto.
E iniziai a parlare.

-Mia mamma si è ammalata di depressione da giovane, con il tempo la situazione è peggiorata e siamo stati costretti a chiedere aiuto. Ora è in una clinica a Seattle, e stamattina ha avuto un'altra crisi.- sentii la gola chiudersi, la solita corda invisibile mi stava strozzando e dovetti chiudere gli occhi e dosare il respiro.

-Lei è tutto per me. Detesto vederla soffrire ma non so come aiutarla. Non ho nessuna possibilità contro la sua malattia.
Vorrei solo che si svegliasse una mattina e che potesse guardarsi con i miei occhi, allora tutto le sarebbe più chiaro. Capirebbe quanto lei sia preziosa e fantastica, scoprirebbe che ci sono strade ancora inesplorate che aspettano solo che lei le intraprenda.
Vedrebbe il futuro che potrebbe avere e saprebbe, una volta per tutte, che neanche lei è sola- presi fiato. Avevo buttato fuori quelle parole per la prima volta.
Fino a quel momento avevo deciso che mi avrebbero rosicchiato l'anima giorno dopo giorno.

Look up - Let's play with destinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora